Da “Avere o essere” di Erich Fromm
Libri usati
O che si dovrebbero usare. Brevi passi da sottolineare, a volte da percorrere.
La modalità dell’essere ha, come prerequisiti, l’indipendenza, la libertà e la presenza della ragione critica. La sua caratteristica fondamentale consiste nell’essere attivo, che non va inteso nel senso di un’attività esterna, nell’essere indaffarati, ma di attività interna, di uso produttivo dei nostri poteri umani. Essere attivi significa dare espressione alle proprie facoltà e talenti, alla molteplicità di doti che ogni essere umano possiede, sia pure in vario grado. Significa rinnovarsi, crescere, espandersi, amare, trascendere il carcere del proprio io isolato, essere interessato, prestare attenzione, dare. Nessuna di queste esperienze, però, può essere compiutamente espressa in parole, essendo queste recipienti colmi di un’esperienza che ne trabocca. Le parole designano un’esperienza, ma non sono l’esperienza. Nel momento in cui mi trovo a esprimere ciò che ho esperimentato esclusivamente in pensieri e parole, l’esperienza stessa va in fumo: si prosciuga, è morta e divenuta mera idea. Ne consegue che l’essere è indescrivibile in parole ed è comunicabile soltanto a patto che la mia esperienza venga condivisa. Nella struttura dell’avere, la morta parola regna sovrana; nella struttura dell’essere, il dominio spetta all’esperienza viva e inesprimibile.
Solo nella misura in cui noi limitiamo la modalità dell’avere, vale a dire nel non essere (cioè quella che consiste nel cercare sicurezza e identità aggrappandoci a quanto abbiamo, standogli seduti sopra, avvinghiandosi al nostro io, ai nostri possessi), la modalità dell’essere può emergere. Essere significa rinunziare al proprio egocentrismo ed egoismo, rendersi vuoti e poveri. Per la maggior parte di noi tuttavia, rinunziare all’atteggiamento dell’avere risulta troppo difficile, e ogni tentativo in questo senso ha per effetto di determinare l’insorgere di uno stato di intensa ansia, la sensazione di far gettito della sicurezza, di essere scagliati nell’oceano senza saper nuotare. Chi si trova in questa condizione ignora che, una volta gettata via la stampella della proprietà, può finalmente cominciare a servirsi delle sue proprie forze, a camminare con le sue gambe. A trattenerlo è l’illusione che non è in grado di camminare da solo, la paura di crollare qualora non sia più sostenuto dalle cose che possiede.