Versi referendari
Confesso quanto poco m’appassioni
buttar la casta quando bolle l’acqua.
Pro capite il risparmio è miserello
circa l’equivalente di un caffè, (altro…)
Brano da Saggio sull’uomo di Ernst Cassirer
Libri usati
O che si dovrebbero usare. Brevi passi da sottolineare, a volte da percorrere.
Ciò che caratterizza la mentalità primitiva non è la logica ma il suo sentimento generale della vita. Il primitivo non guarda la natura con gli stessi occhi del naturalista che vuole classificare ogni cosa per soddisfare una curiosità intellettuale. Non si avvicina ad essa con interesse puramente pragmatico e tecnico. Per lui, la natura non è un mero oggetto della conoscenza né il campo dove cercare di soddisfare le sue necessità pratiche immediate. Ci si è abituati a dividere la vita in due sfere, nella sfera dell’attività pratica e in quella dell’attività teoretica. Questa divisione ci ha fatto dimenticare che sotto all’una e all’altra vi è uno strato più profondo. Invece il primitivo non lo dimentica. Tutti i suoi pensieri e i suoi sentimenti hanno ancora radice in quel substrato originario. La sua visione della natura non è né teoretica né pratica; essa è una visione “simpatica”. Se non si tiene presente questo punto, l’accesso al mondo mitico ci resterà chiuso. La caratteristica fondamentale del mito non è uno speciale orientamento del pensiero o dell’immaginazione. Il mito scaturisce dall’emozione, per cui un fondo emotivo dà un particolare colore ad ogni sua creazione. Al primitivo non manca affatto la capacità di percepire le differenze empiriche fra le cose, ma nella sua concezione della natura e della vita tutte quelle differenze sono cancellate da un più vivo sentimento, da una insopprimibile solidarietà di vita. Il primitivo non si arroga una posizione unica e privilegiata nell’insieme della natura. La parentela di tutte le forme della vita sembra essere il presupposto generale del pensiero mitico.
Brano da “Saggio sull’uomo”, Ernst Cassirer, 1971
Come reagireste se mentre contemplate le piante in un giardino pubblico si sovrapponesse ad esse la vista dell’autostrada che qualche demonio proietta loro addosso? (altro…)
Moravia e Caproni, la calma disperazione
Nel 1990, trent’anni fa, morivano due dei nostri migliori scrittori del secolo, il poeta Giorgio Caproni e il romanziere Alberto Moravia. In una sua poesia di 25 anni prima, il “Congedo del viaggiatore cerimonioso” che rimane forse la sua lirica più famosa, (altro…)
La zona grigia della cronaca nera
Non è certo una novità che i giornali dedichino ampio e dettagliato spazio alla cronaca nera. (altro…)
Recensione del film “Le sorelle Macaluso”
Riprendendo un suo stesso spettacolo teatrale, Emma Dante mette in scena le “tre età della vita” delle sorelle Macaluso e il legame inestirpabile con la loro casa, a partire dall’infanzia. Le cinque, che per qualche ragione non esplicitata (altro…)
Recensione del libro “La sciagura di chiamarsi Skrake” di Kijell Westo
C’è stato un tempo in cui il dilettantismo aveva temperato tutta l’Europa, nessuno rideva di Leonardo quando dipingeva gli schizzi nella macchine volanti; (altro…)
#Twitolodelgiorno: CONTARE FINO A QUARANTENA
7 giorni, due settimane, tre. Anche sulla durata della #quarantena gli #scienziati e i #governi sono divisi.
— RemoBassetti Twitoli (@BassettiRemo) September 11, 2020
La pubertà permanente. Johan Huizinga
Libri usati
O che si dovrebbero usare. Brevi passi da sottolineare, a volte da percorrere.
Nelle fasi primitive della civiltà una gran parte della vita sociale si esprimeva in forma di gioco, e cioè in una temporanea limitazione dell’umana condotta secondo norme liberamente riconosciute. Una rappresentazione stilizzata sostituisce di tanto in tanto l’aspirazione all’utile o all’appagamento (…).
Il carattere essenziale che vale per ogni gioco – sia esso culto, rappresentazione, gara o sagra – sta in ciò, che a un determinato istante esso finisce. Gli spettatori vanno a casa, gli attori depongono la maschera, la rappresentazione è finita. Ed ecco rivelarsi a questo punto la menzogna del nostro tempo: il gioco in certi casi non finisce mai, non è dunque un vero gioco. È avvenuta una vasta contaminazione di gioco e di serietà: le due sfere si confondono. Negli spettacoli che vogliono passare per seri c’è, nascosto e insidioso, un elemento di gioco. Il sedicente gioco, data l’eccessiva organizzazione tecnica e l’importanza cui assurge agli occhi di tutti, non può più affermarsi schiettamente come gioco, ha perduto i caratteri indispensabili di rapimento, di naturalezza, di giocondità. (…)
In infiniti uomini colti o incolti l’atteggiamento di gioco di fronte alla vita, che è proprio del fanciullo, diventa permanente. È uno stato d’animo universale che si potrebbe chiamare di permanente pubertà. Esso si distingue per una mancanza di sensibilità rispetto a quello che è conveniente e umano, per una mancanza di dignità personale, di rispetto verso gli altri e le altrui opinioni, per un’eccessiva concentrazione nella propria personalità. L’universale indebolimento del giudizio e della critica crea il suolo propizio a questa condizione. La massa si trova a suo perfetto agio in uno stato di semilibera esaltazione.
Meraviglia e preoccupa che il formarsi di un tale stato d’animo non solo sia preparato dallo scarso bisogno di giudizio personale, dall’azione livellatrice dell’organizzazione a gruppi, la quale fornisce un corredo di opinioni belle e pronte, dalla distrazione varia e superficiale messa continuamente alla nostra portata, ma venga provocato ed alimentato anche dal prodigioso sviluppo della tecnica.
Johan Huizinga, La crisi della civiltà, 1937
Foto tratta da pinkblog
Sarà pure l’età del multitasking per le singole persone ma l’umanità nel suo complesso non sembra in grado di occuparsi di due cose insieme. (altro…)
Recensione del film “Non conosci Papicha”
Tra il 1990 e l’inizio del 2000 l’Algeria fu funestata da una guerra civile fra il governo militare e le milizie islamiche (cui era stata sottratta la vittoria elettorale nel 1992) che lasciò sul terreno 150.000 morti. (altro…)
Covid, confronto con altre malattie, negazionismo, emotività
Nella storia delle teorie complottistiche, il negazionismo del Covid costituisce in qualche modo un unicum. Non si tratta infatti di (altro…)
Bisogna difendersi da Whatsapp?
E se Whatsapp fosse un pericolo pubblico? Non esattamente con queste parole, ma con una sostanza non dissimile, quest’estate il Guardian ha pubblicato una lunga riflessione critica sul sistema di messaggeria più diffuso con i suoi due miliardi di utenti, avanzando riserve soprattutto su due punti. (altro…)
Morire in diretta Facebook
Ci sono notizie sopra le quali si passeggia distrattamente, trovandole normali. Come quella del 57enne francese Alain Cocq, (altro…)