Recensione del film “After love”

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La dolce lentezza della vita domestica. Lo scambio di piacevoli futilità da una stanza all’altra mentre la donna prepara il tè per sé e per il marito. Non fa tempo a porgergli la tazza (e noi a vedere il marito) che quello si è accasciato silenziosamente sulla poltrona. La dignità della disperazione nel richiamo vano, incredulo e composto, e poi nel funerale delle sequenze successive, dove al centro della stanza indossa l’abito bianco rituale, anche quello con il velo sulla testa. Perché Mary, per amore del marito Ahmed, tanti anni prima si è convertita all’Islam, prendendo anche il nome di Fatima, e da allora ha goduto una pacata e piuttosto agiata vita con la casa a Dover, senza il figlio che tanti anni prima era morto poco in tenera età, vicina al panorama che si gode dalla scogliera dalla quale scruta l’arrivo delle navi su cui torna Ahmed per poi sbracciarsi, Ahmed capitano di crociera sovente lontano da casa. Sto tornando amore, ma non sporgerti dalla scogliera per accogliermi. Il suo ultimo messaggio sul telefono, che Mary ascolta, sembra quel che di più vivo ha lasciato il marito.

Ma subito una piccola, innocente ispezione nel portafogli e poi sullo smartphone rivela che l’uomo aveva una doppia vita sentimentale. Mary attraversa il canale della Manica per incontrare questa donna, Geneviève, che vive sulla sponda francese, a Dunkerque. Quando si trovano fuori la porta di Geneviève, Mary non ha il tempo di presentarsi, scambiata per una colf mandata da un’agenzia, giusto utile perché Geneviève sta per traslocare a Calais. Da questo potente equivoco (e intrigante: in realtà Mary e ben più agiata ma la rete di convenzioni sociali rende plausibile, e al tempo stesso ridicolo e classista, il fraintendimento commesso con cortesissima, amabile naturalezza), comincia l’intrusione di Mary nella vita della sconosciuta ex rivale, che sempre più le apre un orizzonte inatteso sulla vastità di quel che il marito le nascondeva, un figlio addirittura, un altro universo familiare. Sì, Geneviève sapeva dell’esistenza di una moglie ma non è che Ahmed fosse stato trasparente, nemmeno con lei. Per non parlare della sincerità con il figlio. Mary ascolta e riascolta il messaggio sulla segreteria.

La direzione di After Love, notevole esordio del regista inglese di origine pakistana Aleem Khan, non è però quella, più facile, di mettere progressivamente più a fuoco la figura del marito e le sue mancanze. A Khan non interessa quel che in una situazione del genere c’è di torbido ma quel che c’è di buono, a costo di far navigare il ricordo di Ahmed non sulle sue omissioni, viltà, inadeguatezze, assenze, bugie ma piuttosto sulla capacità che pure ha avuto di costruire legami affettivi potenti e a suo modo autentici, dei quali i punti di vista dei personaggi, esplorati con rispetto e discrezione, mettono in luce la dipendenza. Nello sviluppo di una simile traccia crea un meccanismo di repulsione e attrazione tra tutte e tre le figure dei superstiti abbandonati, di distanziamento e poi solidarietà che arriverà a riconciliarli tra loro e con la memoria dello scomparso, rendersi reciprocamente compatibili a posteriori e anzi in qualche modo perfettamente integrati, colmando il vuoto del dolore con una consapevole e aperta al futuro affermazione di identità.

Khan riesce a trovare mille sfumature originali dentro una trama che poteva facilmente cadere negli stereotipi delle relazioni triangolari, oltre che nel sentimentalismo o nella stucchevolezza (una scelta coraggiosa e valorizzante è la poderosa mole fisica di Joanna Scanlon, felicemente prestata all’interpretazione di Mary); ed è molto abile nello scalfire le verosimiglianze psicologiche giusto quel filo idealistico che opportunamente separa la finzione artistica dal realismo di una cronaca. Sul piano visivo il film offre il meglio nelle ripetute inquadrature statiche e la sua colonna sonora è perfettamente incastrata anzi inseparabile, dallo specifico e delicato tessuto emotivo della pellicola.

After love

Aleem Khan

Votazione finale

I giudizi

soli_4
Perfetto


Alla grande


Merita


Niente male


Né infamia né lode


Anche no


Da dimenticare


Terrificante

ombrelli_4
Si salvi chi può

Volevo fare un piccolo regalo ai lettori del wrog, in questa Pasqua tanto strana. Così ho pensato di raccogliere in un eBook tutte le recensioni cinematografiche scritte in oltre tre anni.

 

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Cercate di trarre di buono tutto quel che potete da queste giornate pasquali, e auguri.

Anche se prevale un tono leggero e una gradevole vena di humor, la documentazione è solida, gli esempi fitti e illuminanti

Corrado Augias, Il Venerdì

Un trattato, mica bruscolini. Il trattato, infatti, tipo quelli di Spinoza o di Wittgenstein, è un’opera di carattere filosofico, scientifico, letterario (...) E così è. Nel suo trattato Bassetti espone il come e perché dell’offesa.

Francesca Rigotti, Il Sole 24 ore

 

C’è un passo in cui di Bassetti dice che questo è un tema sorprendentemente poco esplorato...Non lo è più da quando c’è questo libro

La conclusione del conduttore di Fahrenheit – Tommaso Giartosio

 

Queste sono le tre ragioni per cui ci si offende:

  1. Hai detto male di me

  2. Hai violato un confine

  3. Non ti sei accorto di me come, e quanto, avresti dovuto

Di |2022-02-18T17:58:31+01:0018 Febbraio 2022|2, Il Nuovo Giudizio Universale|

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