Per identificare questo spazio web ho scelto tre sottotitoli: wrog, laboratorio politico e zona freestyle.
Bravo, direte voi. Si capisce peggio che se non mettevi niente.
Allora traduco. E’ come se fossero tre macrosezioni e anime distinte ma in qualche modo convergenti e pronte continuamente a fondersi.
Wrog sta per write blog. Un posto dove si parla di scrittura. Intanto, perché mette insieme miei libri, (pubblicati e in commercio o fuori catalogo o anche che prenderanno forma qui sopra) con il tentativo di fare del web e dei social media un alleato della lettura, e dunque della scrittura, piuttosto che il contrario: nel tempo anche con chiavi un po’ sperimentali. Poi perché si parlerà di libri altrui. Infine, perché si tratterà della pratica della scrittura. Della sua bellezza, della sua necessità, delle sue regole e dei suoi protagonisti.
Laboratorio politico richiama l’idea che interessarsi di politica sia qualcosa di più dell’indignazione per gli scandali e gli stipendi dei parlamentari. E tanto meno ripetere come un pappagallo quello che recitano i personaggi di cui siamo follower, senza il disturbo di informarsi o pensare con la testa propria.
La politica riguarda i progetti sul modo migliore di stare insieme in una comunità. Cercare di ragionare un po’ più profondamente su come dovrebbero essere, in primo luogo, la democrazia e la giustizia, per essere degne dei nomi che portano. E poi di come dovrebbero essere la scuola, il web, la cultura, il carcere. E così via.
Sarà dunque un luogo più frequentemente di pensiero, pur fortemente critico, che di denuncia. Questo non per dire che la denuncia non serva. Solo che già se ne occupano in tanti. Forse tutti. Il guaio è che, quando tutti denunciano tutti, nessuno crede più a nessuno: una catastrofe. Per questo, magari, bisogna ripartire dalle idee. Senza strillare, possibilmente (però emozionandosi, quando è il caso).
Zona freestyle sta per “qui alla fin fine si può trovare di tutto” (inclusi dei rap). Variano temi, tempi, stili, registri, forme, media, voci, supporti, tempi. Uno spazio che non è vincolato, né dall’esterno né da se stesso e che per sua (e mia) natura sarà soggetto a mutamento. Qualcosa che fotografato nel suo insieme potrebbe apparentarsi a una performance.
Perché lo realizzo?
Per espressione personale. Per divertimento, in alcune sue parti, per impegno civico/culturale in altre. Per costituire un pubblico, e dialogarci. Per slancio vitale. Per comprendere più cose, io per primo. Per gettare un ponte sopra il pericoloso fossato che si sta scavando tra il mondo della cultura umanistica e quello del web, dando per scontata una reciproca incomunicabilità e avversione. Proprio del web una sezione del blog aspira a istituire una sorta di propositivo osservatorio critico, movimentato da diversi partecipanti.
In effetti, in più di una sezione è fisiologico che parlino o scrivano altri da me. Io conservo la responsabilità dei miei testi e dei progetti in cui coinvolgo personaggi pubblici o apro la porta a chiunque, non assumo la responsabilità dei contenuti esterni (nel senso che c’è libertà di pensiero). La maggior parte dei post prevede commenti, ma se sono insultanti, velenosi, personalistici o paranoidi li bloccherò e vivremo tutti bene senza.