Si può benedire un edificio scolastico, purchè fuori dall’orario delle lezioni e con partecipazione facoltativa. Così ha deciso il Consiglio di Stato, riformando il Tar dell’Emilia Romagna. La sentenza è un piacevole esercizio di buon senso. I credenti potrebbero farsi benedire a casa loro?Non sarebbe la stessa cosa perché il significato della benedizione, per chi ci crede, “è quello di ricordare la presenza di Dio nei luoghi in cui si vive o lavora” e ha senso quindi “se praticato in un certo luogo e non altrove”. Il rito costituisce una discriminazione per i non cattolici? Al contrario, sia perché chi non partecipa “non può sentirsi individualmente leso” sia perché “per un elementare principio di non discriminazione, non può attribuirsi alla natura religiosa di un’attività, una valenza negativa tale da renderla vietata o intollerabile unicamente perché espressione di una fede religiosa, mentre, se non avesse tale carattere, sarebbe ritenuta ammissibile e legittima”. In altre parole, se venisse convocato un nuovo Concilio Vaticano e includesse la partita di calcio tra i riti sacri non per questo si dovrebbe vietare nell’orario extrascolastico il pallone (che ad oggi, come attività “formativa” esclude non pochi studenti). Una doverosa precisazione: né io nè i miei familiari più stretti parteciperemmo a una benedizione pasquale, e personalmente credo così tanto al ruolo di integrazione e mescolamento sociale della scuola che ridimensionerei le scuole private. E però che qualcuno (figurativamente) si pari davanti al prete alle sei del pomeriggio gridando “no, la scuola no” mi pare un’inutile e ridicola superstizione pagana.
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