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Il trailer del capitolo
Musica consigliata per la lettura del quarto capitolo: Waltz for Debby (Bill Evans)
Quel giorno emerse dai veli e rotolò sotto Roberto. Le bocche lanciarono le reti. Il seno di Amande era un commento a margine, e Roberto si rassicurò nel percepirlo carico di attese. Lo lesse con cura, senza perdere il segno con il dito e infine lo riepilogò in un’unica stretta. La lingua di lei reagì con una scossa elettrica e si disperse per portare la buona novella al corpo tutto di lui. Lui le entrò dentro subito con un’aggressiva voglia di vivere che lei scambiò per rabbia.
“Questa è finalmente l’occasione di farti cogliere la qualità del lavoro che faccio” riprese Amande.
“In che senso, scusa?”
“Ma l’hai capito che cosa fa il coach? Ti aiuta a risolvere dei problemi, a prenderli dal verso giusto”
“Non mi sento nello spirito di scherzare Amande”
“E chi sta scherzando? Il coach è un allenatore per migliorare la propria vita. Allenare qualcuno per salvarla è appena un passo più in là. E’ lo stesso spirito”
“Non mi piace quando esageri nel porti al centro di tutto. Io ti sto parlando della mia vita in pericolo e tu la prendi come un’occasione professionale. E anche quest’eccesso di autocontrollo di fronte a un’enormità del genere…evidentemente non mi credi”
“Dovalski…?” ruppe il ghiaccio Roberto. Non sapeva se dal punto di vista dell’interlocutore fosse più stupido domandare se si trattava della stessa persona che aveva rinnovato le sembianze o informarsi del predecessore, come quando ci si scambiano pettegolezzi sui parenti lontani. In quella forma tanto sintetica la domanda si poneva in mezzo e possedeva il pregio dell’ambiguità. L’uomo, definendolo così in nome delle apparenze e dell’economia sintattica, lasciò passare almeno altri dieci secondi prima di mostrare di avere inteso.
“Dovalski” ripetè lentamente con un tono che sembrava beffardo e una pronuncia lievemente blesa, resa plasticamente da un sincronico accentuarsi della bocca storta. Poi riprese: “Non si occuperà più Dovalski del tuo caso. Adesso lo seguo io”.
“E’ che è tutto così strano, così incredibile…” disse Roberto con un tono fievole che esprimeva la mite e smarrita rassegnazione dell’agnello sacrificale.
“Lo so” gli fece eco l’altro, comprensivo e solenne. Si alzò, fece qualche passo per la stanza e poi si girò di scatto verso Roberto: “Hai una mezzoretta?” gli domandò con involontaria ironia “Ti porto a fare un giro interessante”.
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