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Il trailer del capitolo
Musica consigliata per la lettura del diciassettesimo capitolo: The here and after (Jun Miyake)
“E lei cosa fa qui? “sussultò Roberto “Chi le ha dato le chiavi?”
“E’ solo?” chiese l’altro con una certa agitazione, ignorando la domanda di Roberto.
“Io? Sì, ma…”
“Merda, non c’è tempo da perdere” imprecò Florin e gli voltò le spalle correndo verso l’uscita.
“Arriviamo alla clinica, papà. Lì ti spiego tutto. E’ arrivato il momento”.
E a quella frase Roberto si rese conto di essere lo spettatore di una serie televisiva della quale scopriva adesso di essersi perso una cinquantina di puntate
Siamo tutto soli al mondo Rose, diceva, è solo diverso il modo di reagire, io infilo una maschera, cerco di dimenticarmene celebrando piccoli Carnevali quasi ogni giorno, appoggiati, abbandonati, e finalmente trovai la forza per piangere, tutto il pianto che avevo represso in quei dodici anni dalla nascita.
Stabilimmo un contatto tra le anime di quello che mai si potrebbe stabilire all’aperto, in mezzo agli altri, in mezzo alle convenzioni, in mezzo alla parole, nell’ingombro della luce, due esseri che si uniscono in un’identica nostalgia del nulla e in un’ubriacante pienezza, che non si conoscevano e non si devono niente, minacciati ognuno da se stesso, con la consapevolezza irripetibile che la vita non è altro che un ciclo alternato di perdita e riconquista, con l’ansia inattesa di ricominciare a perdere per poi poter riconquistare.
“E’ una truffa così. Me lo chiami vivere?”
“Non lo avete deciso voi se è vivere o meno, e vorresti che fossimo in grado di stabilirlo noi? A quanto pare tecnicamente per voi è vivere. Formalmente. E lo avrai capito che noi prosperiamo sul formalismo, che attecchiamo come la muffa sull’umidità. Gaston ti ha detto che non morivi e non muori”.
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