Recensione del film “Oltre la notte”

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La vita interiormente lacerante e concretamente problematica della comunità turca in Germania è da sempre al centro del cinema di Fatih Akin, e lo sviluppo di questo tema generò due capolavori assoluti, La sposa turca e Ai confini del paradiso, dopo i quali il regista si è parecchio infiacchito. Oltre la notte racconta la storia di Katja, tedesca, sposa, con matrimonio celebrato in carcere, di uno spacciatore curdo che riporta sulla retta via e con il quale fa un figlio. Ma i suoi due familiari rimangono vittime di un attentato dinamitardo che una serie di indizi, che solo giudiziariamente forse non rappresentano un quadro probatorio certo, conducono a una giovane coppia di nazisti, motivati dall’odio etnico. La fiction affonda le sue radici nella cronaca recente: tra il 2000 e il 2007 effettivamente un gruppetto di balordi fanatici di Hitler commise alcuni delitti che le indagini (come nel film) propendevano per confinare tra i regolamenti di conti interni alle comunità straniere. Fatih Akin, tuttavia, non sembra interessato più di tanto a esplorare il quadro storico: non sarebbe neppure esatto dire che voglia prenderne spunto per trattare il terrorismo come universale. Semmai tende a presentizzarlo, poiché le dinamiche del film (anche nella conclusione: non preoccupatevi, non è uno spoiler) echeggiano quelle degli attacchi jihadisti.

 

Katja, si trova ad affrontare un processo in cui la strategia della difesa è quella di screditare il marito e lei stessa, e sente crescere il desiderio di vendetta. Di materiale ce ne sarebbe, per un film introspettivo come per uno di impegno civile. Ma non è un tema a scuola, che puoi dire bravo a chi almeno ha avuto il coraggio di intraprendere sentieri scivolosi: e se lo fosse, poi, Akin sarebbe uno studente svogliato. A un certo punto, i suoceri annunciano a Katja che vorrebbero tornare al paese, e portare con loro le salme dei discendenti, e lei oppone fermamente che non le possono sottrarre la famiglia una seconda volta. Si potrebbe fare un altro film già solo su questo contrasto. E invece Akin pensa: “vabbè, piantiamola lì” e tanti saluti ai suoceri. E il rapporto tra verità processuale e verità storica? Non pervenuto. La questione dell’integrazione? Tanto già la conosciamo. La xenofobia? Beh, avete visto che tipacci quei due, per non parlare dell’avvocato. Akin si accontenta di presentare la storia di un’impossibile elaborazione del lutto attraverso la prospettiva della donna, ma con profondità insufficiente per decifrarne le azioni.

 

Oltre la notte è diviso in tre parti. Nella prima “La famiglia” Akin intinge la macchina da presa nella disperazione di Katja con un compiacimento voyeuristico che solo la bravura di Diane Kruger rende tollerabile (ma anche più evidente). La seconda “Il processo” manca di misura nella distribuzione dei dettagli e nell’interazione tra le parti. La terza “Il mare” è film quasi d’azione, di onesto intrattenimento, con passaggi di sceneggiatura sgangherati e inverosimili.

Anche se Oltre la notte ha fatto la sua buona raccolta di premi), Akin è diventato un manierista che ha consegnato all’ambizione del botteghino ogni traccia di autorialità. Nell’ultima parte abbondano le meditazioni contemplative del mare da parte di Katja e per un attimo, giusto uno, ci si rammenta del finale di Oltre il paradiso. Ma lì eravamo nella categoria com’è profondo il mare. Qui nella categoria com’è pro-forma il mare.

 

Oltre la notte

Fatih Akın

Votazione finale

I giudizi

soli_4
Perfetto


Alla grande


Merita


Niente male


Né infamia né lode


Anche no


Da dimenticare


Terrificante

ombrelli_4
Si salvi chi può

Di |2020-09-11T15:16:17+01:0013 Aprile 2018|Il Nuovo Giudizio Universale|

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