Piccolo catalogo di ciò di cui un tempo si faceva “senza”, ad uso specialmente dei più giovani.
A un certo punto mi sono chiesto: ma perché improvvisamente sono tutti in partenza? E come mai trasportano i loro bagagli a piedi, così lontano dalla stazione o dall’aeroporto? Vedevo (o sentivo)
i trolley rullare avanti e indietro, e mi ci è voluto un po’ per realizzare che l’uso di questo nuovo tipo di valigia aveva abbandonato il contesto dei viaggi per entrare prepotentemente nella vita cittadina.Aveva richiesto parecchio tempo inventarli, un tempo sorprendente, circa 5500 anni dall’invenzione mesopotamica della ruota (l’originale pensatore Nicholas Taleb ha giustamente ironizzato su tutti quei cervelloni che scoprivano i salti quantici e però trascinavano faticosamente le valigie lungo gli aeroporti di destinazione dei convegni scientifici). Ora del resto lo sapete anche voi ragazzi, visto che pure gli zaini scolastici sono diventati minuscoli trabiccoli, del tutto simili ai trolley. In questo modo gli insegnanti possono caricarvi di libri fino all’inverosimile, evitando di dover sostenere in futuro una causa di risarcimento dei danni per avervi procurato una scoliosi (in realtà tra scale e passaggi sulla schiena quel peso assurdo lo portate egualmente. Io il contatto con l’avvocato lo mantengo, e poi si vedrà). La natura ambigua del trolley sta proprio in una frase che sentii da una maestra elementare: “Hanno la comodità di questi borsoni con le rotelle, che li riempiano!”. Il prius, dunque, sembrerebbe non la necessità di un qualche materiale e la scelta di un contenitore conseguente: all’inverso è il karma del contenitore che impone di colmarlo. La maestra, senza rendersene conto, aveva colto un principio alla base dell’accumulazione, del capitalismo, del consumismo. Una sapiente trappola. E’ come quando si prende una casa più grande, per poi passare il resto della vita a comprare i mobili. Ogni tanto a decidere che serve un nuovo contenitore non è il singolo individuo ma la società. Così è capitato per il trolley che, nato quale strumento per rendere più lievi i viaggi (e in verità questa funzione la svolge benissimo), ha trovato una nuova identità rendendo portatili noi stessi, che possiamo ora girare per i marciapiedi intruppando nel bagaglio il lavoro da non arretrarci, la spesa per la settimana, i feticci da cui non separarci mai, le maglie che non si può mai sapere se cambia il tempo. Il trolley si può celebrare come l’effettiva conclusione della stagione sedentaria cominciata col Neolitico. E pensare che gli oggetti tecnologici sono costruiti sempre più in miniatura. Va giusto bene per infilarne abbastanza in valigia.
Insomma, sarà pure leggero il trolley, ma quando osservo chi se lo trascina per il quartiere non posso fare a meno di immaginarlo come prigioniero che trascini un fardello, una zavorra, una catena. A dimostrazione del fatto che gli estremi si toccano, il bagaglio quotidiano dovrebbe essere come quello dei grandi viaggiatori alla Bruce Chatwin: un bagaglio a meno.
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