Quella che state vivendo adesso? (Ascolta l’audio…)
Si presentò in classe senza nemmeno salutare, sbattendo i registri sulla scrivania, un giorno come gli altri tanto che non si è mai saputo che giorno fosse. Non fate casino, le sue prime parole. La vita titolare mancherà per un po’, aggiunse. Non ne avremmo saputo, dopo, tanto di più – ogni volta che si provava a domandare del rientro, anzi, le risposte si facevano più nebulose. Andrà tutto bene, era il massimo dell’informazione.
La vita supplente pare molto interessata all’età di ciascuno, e scuote la testa infastidita quando si rende conto di avere a che fare con un ripetente, quella gente che è in circolazione da ottant’anni.
Nelle sue lezioni la parola più frequente è: necessario.
Secondo lei non ci hanno insegnato la disciplina.
Non è ragionevole, ma non come quell’altra, in un modo diverso.
“Aria” a volte grida di scatto e spalanca la finestra sulle strade mute.
Si atteggia a igiene del mondo.
La vita supplente non è nuda, in vestaglia piuttosto. Manca di sex appeal.
La prima volta che un compagno ha portato la torta di compleanno in classe ha vietato di soffiare sulle candeline. È lo stesso che sputare, ha detto, voi la mangereste una torta sputata?
Sotto la vita supplente indossiamo una maschera, tutta trasparente, che si chiama schermo.
Quando è necessario stare in branco ci mettiamo uno schermo, che si chiama maschera.
Secondo la vita supplente l’evoluzione svilupperà esseri umani con le labbra cucite, come milioni di anni fa allungò l’intestino.
Da quando non siamo più insieme, ma soli oppure in branchi, siamo tornati nemici gli uni degli altri, e alcuni più nemici ancora, come gli anziani, i corridori, i virologi, i vicini di casa, i cinesi, gli asmatici, i sonnambuli.
Non siamo diventati persone migliori. Solo un po’ meno. Meno di numero, e meno qualcosa dentro.
I virologi Rolex però sono preziosi. Nei quartieri di Napoli bisogna evitare di ostentarli al polso.
La vita supplente ha il compito di salvare vite, però non è sicuro che sia tanto capace.
Poi c’è il problema che ogni tanto impedisce alle persone di lavorare, e quelli dicono vabbè ma in questo modo moriamo lo stesso.
E allora si fa convincere e permette di lavorare, però poi dicono che la vita non è solo lavoro e consumo.
E a quel punto s’infuria, non siete mai contenti, sbotta. E i cinema e i teatri tanto erano già vuoti quando c’era la vita titolare, chiosa acida.
A volte qualcuno si leva in piedi e le urla: “C’è ancora spazio per la bellezza!”, ricambiato dal suo sguardo sprezzante.
In classe, sostiene, stiamo facendo tante ore di laboratorio.
La vita supplente parla spesso di morte, con il gusto della necrofila. Striscia lateralmente al disastro ma senza lo spettacolo intrinseco della devastazione: non l’incandescenza luminosa della lava, non il furore mugghiante del tifone, non l’arto troncato di netto dalla granata. Accende falò davanti all’acqua per aspettare che il cadavere passi sul fiume. Ha la fissa dei conteggi, che pure pratica con approssimazione, e litiga sulle colonne in cui collocarli, come un droghiere che debba riscuotere i sospesi dalla clientela.
Giudica barbari sia i canti che i funerali, e troppe le smancerie prima di separarsi.
Dice che siamo egoisti, e per questo dovremmo passare più tempo da soli.
Da quando c’è la vita supplente molte cose non possiamo farle, e dunque non accadono. E se accadono paiono uno spreco. Tutte: persino la danza delle foglie secche, le alghe in un acquario, l’odore delle prugne marce, la fuga di un galeotto, le serrande abbassate e la tristezza dei cani randagi. Chi prega non ha bisogno delle chiese, le strade non hanno bisogno dei piedi che le calpestino, i governi non hanno bisogno dei parlamenti, la mano non ha bisogno di un’altra mano, il mondo è a misura di unghia. Le lettere d’amore, sminuzzate, transitano lente dentro una clessidra.
La vita titolare alcuni dicono stia soggiornando su un’isola polinesiana e tornerà riposata, o che è stata rapita dalla vita supplente, o addirittura che non era mai esistita, se non per pochi privilegiati. Altri dicono che era semplicemente troppo vecchia, l’hanno portata d’urgenza in terapia intensiva e non ce l’ha fatta. Per evitare disordini non hanno detto nulla. E l’hanno fatta sparire, in una discarica o in un ossario.
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