Le recensioni del celebre critico enogastronomico Michele Raviolino
Era dall’ultimo lockdown che non ero così a corto di soffiate su dove ficcare il naso, e soprattutto la lingua, per fare una buona cenetta. Così da qualche giorno ho preso l’abitudine di poggiare un bicchiere sul muro del vicino, vecchio trucco per carpirne le conversazioni, anche se quando è di plastica, come nel mio caso, il feedback non è sempre soddisfacente. Quel che è soddisfacente tra i due che abitano a fianco, a quanto pare, è il sesso ininterrotto, e lei non fa nulla per nasconderlo, è un miracolo che non mi venga a bussare al campanello. Non era male neppure quello per ingannare il tempo, ma dai e dai speri solo che l’effetto del Viagra finisca, così si sono messi a parlare d’altro e, per quel che con fatica sono riuscito a intendere, lei che è una performer (in senso di artista, dico, o almeno pure in quello) ha cominciato a raccontare mirabilie di certi manicaretti che in serata avrebbero servito al Museo Glugluggenheim. Fischio! Ora ricordo che il Gluglughenneim ospita in queste settimane “Se ti sta sullo stomaco l’arte”, una mostra sensazionale dedicata al rapporto tra la pittura, la scultura e il cibo. Oddio, questi due riattaccano! Ti prego, ti prego, hai tutta la vita per trombare, completa l’informazione! Ah, mi sembra di capire che si tratti di un buffet a tema. Ottimo, figurati se il Glugluggenheim non ha raccolto un po’ di cheffoni per l’occasione. I ceffino invece li ho presi una volta che avevo provato a imbucarmi in una tavolata di Vanessa Beecroft ma erano tutte fighe nude e mi hanno sgamato subito. Lo sapete che preferisco ruspante ma dare requie al pancreas ogni tanto non guasta, oltre al fatto che una cena al prezzo di un biglietto per il museo è un affarone. Cerco di risparmiare pure su quello, provando a infinocchiare la cassiera sulla mia età, ma indugio un attimo troppo alla sua richiesta se sono sotto i sette anni o sopra i settanta e quella mangia la foglia. A proposito di mangiare la foglia, mi sa che butta sul vegetariano. All’ingresso c’è molta concitazione, e come dovrebbe essere tra gente per bene discutono della magnazza piuttosto che dei quadri. Sento dei tizi molto accalorati per la zuppa di pomodoro con girasoli alla Van Gogh. Carino questo vezzo di intitolare i piatti agli artisti, anche se la cucina con i fiori non mi ha mai convinto un granché (e neppure un buquet). A fianco magnificano un purè di patate alla Monet. Vicino ai quadri, e quindi ai piatti presumo, ci sono delle tizie con le mani incollate alle pareti, non mi è chiaro se per saltare la fila o perché hanno sbagliato le dosi del finger food. Appena più in là quattro morti di fame stanno consumando una colazione al sacco in stile di Monet e a fianco, nella parte più scura, ci sono degli immigrati mangiatori di patate col ketchup. Riesco a guadagnare la sala a fianco dove ancora non c’è tanto casino. Finalmente qualcuno ha avuto l’idea di rendere più esotico Picasso, del quale intravedo un’appetitosa natura morta con pane, fruttiera, kiwi e mango. Un altro piatto ha il nome dello chef: De Pisis, Pesce con bottiglia di vino e aggiunta di olio. Ah, cucina a vista, questa matrona che prepara i dolci mi pare di averla già notata da qualche parte, curioso che quel latte che scende dalla brocca sia così cagliato. Qui non si quaglia, però, la cultura non dà da mangiare. Finalmente mi imbatto in un’inserviente che per evidenti motivi coreografici serve una baguette portandola sulla testa a una pannocchia avvolta al collo. Mi avvento sulla baguette e quasi ci rimetto l’incisivo. Uno dei custodi mi cintura da dietro, urlando: non vedi che è da lì? Lì, qui, cosa vuoi che me ne freghi? Siete dei pataccari, col cavolo che è fatta col lievito madre, vado a piangere da Petrini, vedrete come vi fa neri. Mi libero dalla stretta, cerco di colpirlo, nella colluttazione mi scappa per terra la bottiglietta di acqua nella plastica che avevo portato con me. Una sommossa da urlo. Tutti cominciano a pestarmi, anche quelli che sin lì erano impegnati a spargere mostarda sulla Gioconda. Disgraziati, con quello che vale! I francesi stanno mettendo a fiamme e fuoco la Francia per contendersene un tubetto.
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