Ogni settimana le recensioni di Michele Raviolino sulle trattorie
Una mattina stavo salutando mio figlio ai cancelli di scuola quando un suo compagnuccio mi avvicina: “Tu sei Raviolino, quello delle recensioni eno?”. Annuisco, soddisfatto che la mia fama travalichi le generazioni, pervenendo sino alla prima elementare. “Ho un messaggio e una soffiata per te” mi fa il tappetto con un’aria di circospezione che sembra sia prossimo a consegnarmi il crack. “Il messaggio è di mio padre: vorrebbe sapere se veramente non hai un cazzo di meglio da fare e poi ti avverte che se non ti dai una regolata a mangiare zozzerie tempo un anno e mezzo ti ritrovi il fegato spappolato”. “Fa il medico tuo padre?” domando. “No, l’ha letto su Intenet”. “E la soffiata?” sposto l’argomento sperando che quello nuovo sia più allegro. “Devi assolutamente provare la mensa scolastica, è uno sballo” e fila via risucchiato dalla campanella d’entrata. Il tizio, nonostante la verde età, mi è parso attendibile ma con lo scrupolo che contraddistingue il grande reporter decido di prendere qualche informazione in più. In effetti alla scuola statale Vittorio Alfieri il dirigente scolastico ha pensato di affrontare alla grande la polemica del panino a scuola: senza i soliti piagnistei su educazione e collettività, che a noi che piace la magnazza non ce ne può fregare di meno, ha chiamato alla cucina della mensa uno chef di prim’ordine, Ennio Pollastri che giù si era distinto come secondo di Silvio Capponi nel piacevole bistrot “Mangimi e Beccate”. Risultato: invece di portare i loro sordidi sandwich i vecchi contestatori fanno ora a botte per assicurarsi il posto alla mensa collocata nell’aula magna (l’educazione fisica ora la fanno nella vecchia cucina, tanto sono videogiochi, che sono sport olimpici pure quelli), e anzi con graziosa levità sotto la scritta “Aula Magna” ci sono adesso disegnati una forchetta, un coltello e la sagoma del Puzzone di Moena. Chiedo al dirigente scolastico se è prevista una giornata a porte aperte ma mi risponde picche. Non mi rimane allora che recuperare l’antica casacca scolastica e imbucarmi, nonostante l’imbarazzo di mio figlio. Mi tocca sciropparmi due ore di geografia e una di scienze ma per Dio se ne valeva la pena! Quando suona l’intervallo tutti scattano dal banco verso la mensa, ad eccezione di Monguzzi, il figlio di un riccone che conduce vita separata dal resto della classe e conta sulle succulenze che gli consegna dalla grata la tata senza libretti e clandestina. “Cosa c’è di buono nel tuo panino, giovane Monguzzi?” lo interpello e lui con la erre strascicante mi stecchisce mentre comincia a scartare: “ Agnello d’Alpago, wasabi, carpaccio di melone caramellato, ricci di mare, cardamono nero e biodiversità”. Fischio! Arrivo un po’ demoralizzato alla mensa, dove Pollastri, la bidella e il maestro di scienze (chiamatemi “maitre” esorta i ragazzi) sono tirati a lustro in bianco alberghiero. Si parte con le danze: provola asilana, uovo in grembiule, lavagna alla bolognese, maltrattati tonno e olive, seconda lingua con salsa tonnata, mi scappa in bagnetto verde. E per concludere gelato Algebra da urlo! Unica nota stonata la carta delle bevande, il latte non accompagnava bene, specie le uova. Tutto divino, ma quando torno Monguzzi sta ancora degustando il panino, non resisto e avviamo una colluttazione, al termine della quale riesco almeno a sfilargli il cardamomo nero. Il pavido Monguzzi mi denuncia alla maestra. Costo finale: tre euro e settanta più scrivere cinquanta volta alla lavagna “Non ruberò mai più il panino a Monguzzi”. All’uscita il dirigente scolastico mi prende sotto braccio e mi dice: “Perchè non scrive mai dei presidi slow food?” “Ma se non faccio altro” obietto. Si chiarisce l’equivoco: lui intendeva prèsidi e non presìdi.
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