“Madri in affitto” di Carlo Flamigni

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Antologia di Giudizio Universale, dalla “Guida al corpo della donna”

La religione jainista celebra ancora oggi la nascita del Mahavira, uno dei suoi fondatori, nato circa 600 anni prima di Cristo, un uomo che gli studiosi di riproduzione celebrano a loro volta perché rappresenta il primo caso di una persona nata da una maternità surrogata. Il Mahavira in effetti era ufficialmente figlio di Siddhartha e di Trisala, la regina Trisala, ma era stato concepito da una tal Devananda e da un bramino, di nome Rishabhdeva, bravi borghesi, niente di più. Furono gli dei, e in particolare una strana divinità che aveva una testa di cavallo su un corpo per il resto umano, a trasferire chi dice il feto, chi dice l’embrione, dall’una all’altra donna in modo che il fondatore di una religione potesse avere illustri natali. In realtà qualcuno gli attribuisce anche una terza madre, ma questa è una lunga storia.

Questo racconto non è mai andato giù agli scienziati, i quali hanno creduto per molto tempo che il grembo di una donna avrebbe comunque respinto un feto a lei totalmente estraneo, e inoltre che una tecnica di tal fatta fosse fantascienza, pura, semplice e volgarotta fantascienza.

Il primo caso di maternità surrogata è stato descritto da H. Utian nel 1985 e pubblicato sul New England Journal of Medicine. Da allora i casi si sono moltiplicati, ed è stato fatto ordine nelle definizioni: si parla dunque di affitto d’utero se esiste un contratto tra le parti e di dono del grembo se si tratta di un gesto gratuito. Si distingue poi una madre surrogata gestazionale (ci mette solo l’utero) da una completa (ci mette anche l’uovo). E si fanno altre distinzioni a seconda che si renda necessaria una fertilizzazione in vitro o che sia sufficiente una inseminazione (o addirittura, come un tempo accadeva, un rapporto sessuale, possibilmente disancorato dal piacere).

Ricorre a una madre surrogata totale una donna che ha perso tutto il suo apparato riproduttivo; a una parziale una donna che è stata privata dell’utero, o è affetta da patologie (cardiache e renali soprattutto) che controindicano in modo assoluto una gravidanza. Esiste una ulteriore possibilità, della quale si parla malvolentieri: chiedono di essere sostituite per i nove mesi di impegno gestazionale anche donne che temono di lasciare sul lettino da parto un po’ della loro bellezza e magari di conquistarsi qualche smagliatura. Se sono abbastanza ricche, perché no?

La surrogazione della gravidanza è ammessa in molti paesi, anche se con regole diverse. In Inghilterra, ad esempio, le due donne debbono dimostrare l’esistenza di un rapporto di parentela, o comunque di grande affetto, sufficiente a giustificare la rinuncia a un anno della propria vita e della propria liberà e a un pochino della propria salute. Altrove ci si affida ad avvocati che cercano di evitare le beghe giuridiche, come il rifiuto di consegnare il bambino da parte della madre gestante, o la difficoltà a ottenerne il riconoscimento. I prezzi sono estremamente variabili e non sempre trasparenti: sembra che in alcune isole del mediterraneo e in certi paesi dell’Europa dell’est siano abbordabili, ma ho ragione di dubitarne. Negli Stati Uniti si può arrivare a spendere fino a 100.000 dollari, il prezzo cambia in rapporto ai voti scolastici della ragazza che si propone e al suo aspetto fisico: se ha vinto qualche concorso di bellezza, è possibile che possa pretendere molto di più.

Cosa si deve temere? Intanto di dover pagare di più del pattuito, è successo a persone che conosco. Poi che non ci siano sufficienti garanzie sulla salute della donna, o che questa decida di comportarsi come se nulla fosse, per evitare coinvolgimenti affettivi, e che perciò fumi, beva e sgavazzi per tutto il periodo della gestazione. Bisogna poi fare patti molto chiari su come la gravidanza deve essere seguita, prendendo in esame tutte le possibili eventualità, inclusa la nascita di bambini mal conformati. È invece priva di senso la storia che l’umanizzazione del feto sarebbe imperfetta e incompleta se non si stabilisse un rapporto d’amore con la madre, un necessario passaggio trans-placentare di sentimenti che la biochimica non riuscirebbe a cogliere: ci sono molti esempi di splendidi bambini nati da madri rimaste in coma per gran parte della gravidanza che dimostrano che si tratta di sciocchezze.

Cosa si deve condannare? Naturalmente lo sfruttamento di un’altra persona che – tranne i casi in cui si tratta di un vero atto di generosità – deve avere forti ragioni personali per prestarsi a una simile impresa, probabilmente le stesse ragioni che spingono molti a prostituirsi e altri a vendere un rene. Quanto sia elevato il prezzo che queste ragazze sono costrette, a loro volta, a pagare non è chiaro, anche se qualcosa si può immaginare. Nutrire e crescere un figlio altrui nel proprio grembo, sapendo di doverlo cedere ai legittimi (?) genitori dopo 9 mesi, può essere un’esperienza estremamente dolorosa.

E l’avvenire? Tutti gli scienziati che si occupano di questa disciplina fanno prima o poi un pensierino all’ectogenesi, alla macchina straordinaria nella quale inserisci un embrione di due giorni e dopo nove mesi ti restituisce un bambino di quattro chili. Solo per la cronaca, la prima ectogenesi in campo umano l’ha fatta il mio istituto (Fertility and Sterility, 1989), ma durò solo tre giorni: sufficienti per finire tutti scomunicati.

Votazione finale

I giudizi

soli_4
Perfetto


Alla grande


Merita


Niente male


Né infamia né lode


Anche no


Da dimenticare


Terrificante

ombrelli_4
Si salvi chi può

Di |2020-09-11T15:16:26+01:007 Dicembre 2017|Giudizio Universale antologia|

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