(Troverete nel testo che segue brevi parti frammiste dei discorsi di fine anno dei presidenti della Repubblica che si sono succeduti dopo Einaudi e prima di Mattarella. Non è specificata la fonte di nessuna citazione.
Provate voi a risalire all’oratore ma tenete presente che, spesso, quel che sembra più attuale è stato affermato diversi decenni orsono.
Fosse pronunciato oggi, in questa forma da un’unica persona, il discorso suonerebbe bizzarro. Ma forse neppure troppo).
Italiani, è consuetudine civile che alla fine dell’anno e all’inizio dell’anno nuovo il capo dello stato si rivolga a tutti i concittadini per inviare a ognuno di essi il suo affettuoso augurio.
Cari italiani, care italiane.
Grazie per l’ospitalità con cui mi ammettete nelle vostre case. Il mio messaggio vuol essere in primo luogo l’augurio cordiale che un presidente rivolge ai suoi concittadini.
E’ una tradizione che mi è cara.
Ma di tradizione pur sempre si tratta e ad essa per seri motivi può essere doveroso derogare. Il messaggio del capo dello stato non dovrebbe essere un mero rito di circostanza. Il dovere della prudenza sembra consigliare di non dire tutto quello che in sincerità si dovrebbe dire. Non sarebbe conforme alla mia dignità di uomo libero. Questo comportamento mi farebbe violare il dovere che mi sono dato di essere servitore di Dio e della verità. Ci sarà altra occasione di farvi conoscere il mio schietto pensiero.
Il nostro sistema economico si è sviluppato in maniera superiore a quella prevista dal piano quinquennale. Molti lavoratori sono rientrati in patria a seguito della crisi degli altri paesi.
Lo sviluppo del’economia richiede che vengano accresciute le infrastrutture: case popolari, ospedali, strade scuole che la pubblica amministrazione è chiamata a fornire alla collettività. Occorre assicurare che gli interessi della Pubblica Amministrazione siano indirizzati unicamente al soddisfacimento di soltanto esigenze collettive.
Affrontiamo la crisi come grande prova e occasione per aprire al paese nuove prospettive di sviluppo facendo i conti con le arretratezze e i problemi che l’Italia si porta dietro da troppo tempo.
Spetterà a quelli di noi che hanno beneficiato del progresso degli anni trascorsi, interrotto dalla recessione, sopportare il peso economico della ripresa, andare incontro a rinunce e sacrifici perché i poveri e gli emarginati possano trovare prospettive ragionevoli.
Andiamo incontro al nuovo anno incoraggiati dai primi segni di ripresa economica. Bisogna saperli sostenere con il concorso di tutti. Non giovano alla ripresa gli aspri contrasti, che indeboliscono la fiducia: tra noi, in noi stessi, degli altri in noi. Insieme si affrontano le crisi delle grandi imprese che vanno al di là dell’azienda e minano il rapporto di fiducia dei risparmiatori con impresa e intermediari. L’accertamento dei fatti delle responsabilità è la premessa per ben definire correttivi opportuni.
Oggi non cresciamo in Italia e in Europa soprattutto perché manca la fiducia.
Bisogna che le nazioni d’Europa si persuadano che sono legate allo stesso destino, e che deve esservi tra di loro una solidarietà sociale, economica e politica.
A Bruxelles ci siamo scontrati con l’opposto dell’europeismo, il nazionalismo. Lo sforzo del nostro paese per avviare immediati negoziati con la Gran Bretagna non ha potuto condurre all’unanimità. E’ stata perduta una grande occasione. Fortunatamente la Gran Bretagna ha confermato il suo proposito di cercare con tenacia di unirsi con quanti sinceramente continueranno a cercare l’unità dell’Europa.
Ad Atene si è impedita questa vera unità europea. Si vogliono escludere la Spagna e il Portogallo, per ragioni di agrumi, di ortaggi, del vino, ragionando da mercanti.
Le grandi e le piccole astuzie mercantili costituiscono un vero tradimento ai danni del paese. e delle classi meno abbienti. Si preparano tempi non facili ma sapremo superarli con fertile inventiva, con la piena utilizzazione di tutti gli impianti produttivi, la già dimostrata laboriosità e comprensione dei lavoratori, un senso di disciplina dei cittadini cui desidero dare un fervido riconoscimento.
Cercate di stare sempre vicino ai vostri figli, ai vostri giovani.
A tutti i giovani i poteri pubblici debbono dare delle occasioni.
I giovani escono dalle scuole con un diploma e con la laurea e pensano di potersi incamminare verso la vita e invece trovano di fronte a loro il muro della disoccupazione.
E’ indubbia oggi la tendenza all’aumento della disoccupazione, soprattutto quella giovanile.
Giovani, non armate la vostra mano, armate il vostro animo. Non ricorrete alla violenza, perchè la violenza fa risorgere gli istinti primordiali, fa prevalere la bestia sull’uomo, e anche quando si usa in stato di legittima difesa la violenza lascia sempre l’amaro in bocca. No, giovani, armate invece il vostro animo di una fede rigorosa, sceglietela voi liberamente, purchè questa scelta presupponga il principio di libertà, perché altrimenti vi mettereste su una strada senza ritorno, una strada in cui al termine vi sarebbe la vostra morale e personale schiavitù, sareste dei servitori in ginocchio, mentre io vi esorto a essere sempre degli uomini in piedi. Se non volete che la vostra vita scorra monotona, grigia e vuota fate che essa sia illuminata dalla luce di una grande e nobile idea.
Non dimentichiamo che la scuola è per gli immigrati il principale strumento di integrazione e il luogo principale per il rispetto dei diritti umani.
Nel momento in cui risulta difficile l’integrazione degli stranieri che arrivano qui per trovare uno spazio di liberà o spinti dal bisogno, è giusto ricordare che soddisfano alcune esigenze della nostra economia.
I lavoratori stranieri che operano nel nostro paese certo lavorano per se stessi ma non dimentichiamo che il prodotto del loro lavoro è parte integrante non secondaria della nostra società. Hanno dei doveri verso lo stato che li ospita ma anche noi abbiano dei doveri nei loro confronti.
E’ necessario che lo stato abbia quadri nuovi ben preparati per una maggiore efficienza amministrativa, un sistema fiscale che nella sua progressività sia più equo, che vi siano trattamenti retributivi che non presentino assurde divaricazioni, e qui l’azione dei sindacati può rivelarsi essenziale.
La corruzione è una nemica della Repubblica e i corrotti devono essere colpiti senza nessuna attenuante. Dare la solidarietà per ragioni di amicizia o di partito significa diventare complici di questi corrotti e l’esempio deve darlo la classe dirigente.
La situazione internazionale è preoccupante. Le due potenze si sono lasciate e pare che ancora oggi non intendano incontrarsi. Queste due superpotenze si guardano in cagnesco e hanno rinnovato i loro ordigni di guerra e ne vanno costruendo più raffinati. Se questi ordigni fossero usati sarebbe la fine dell’umanità. Io sono coloro tra che manifestano per la pace. E’ troppo facile dire che queste manifestazioni sono strumentalizzate. Sono giovani e scendono a difendere il loro avvenire. E mentre si spendono soldi per costruire questi ordigni di morte quarantamila bambini al giorno muoiono di fame e pesano su tutte le coscienze anche la mia.
Occorre razionale e generosa assistenza alle nazioni meno progredite al fine di metterle in grado di ridurre tempestivamente le enormi differenze del loro livello di vita. E’questo il problema centrale della nostra epica che condiziona la pacifica convivenza internazionale. Una crescente sperequazione tra popoli ricchi e poveri nel mondo apre le porte a una lotta di classe internazionale che aprirebbe prospettive assai tristi per la pace e per la libertà.
Provo assoluto rispetto del risultato referendario che ha voluto una nuova legge elettorale. Alle pressioni che si manifestano da più parti con arroganza e con forme rozze e volgari oppongo un no fermo e motivato.
Mi sono presentato a voi senza alcuna stolta manifestazione di potere, Mi sono presentato voi con questa fede nel popolo italiano.
Le democrazie si misurano in base a quanti cittadini se ne interessano.
L’Unità d’Italia resterebbe espressione esteriore e formale ove non si identificasse con l’unione concorde degli spiriti, la quale nasce e vive soltanto quando i cittadini riconoscono nella patria la madre sollecita ed equa per tutti i suoi figli.
Ecco perché noi vogliamo difendere la repubblica: perché il nostro popolo non sia ricacciato indietro, perché non vogliamo che i nostri giovani debbano conoscere l’amara esperienza che abbiamo conosciuto noi.
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