La scoperta di possedere ancora riserve pulsionali per vivere una grande passione nella terza età ha offerto al cinema un recente filone (o almeno filoncino) di un certo successo. I giovani amanti offre tuttavia una variante notevole, l’asimmetria: nella coppia, infatti, anziana è soltanto la donna. Shona (una perfetta Fanny Ardant) e Pierre (Melvil Poupoud) si incontrano una notte in ospedale: lui, Pierre, è un medico la cui paziente in fin di vita è la più cara amica di Shona. Hanno uno scambio poco più che formale e, giusto per spezzare la tensione del momento, lui la esorta a condividere l’aria che in quel momento tutti e tre (loro e la malata) stanno ancora respirando. Quindici anni dopo, fortuitamente e senza che il truccatore si sia preso più di tanto la briga di mostrare che non è passato soltanto un quarto d’ora, si rincontrano nella casa irlandese di Shona (che l’alterna alla residenza parigina): lei, architetta in pensione, vedova, è arrivata alla soglia dei settant’anni, lui ne ha quarantacinque, lui se la ricorda immediatamente, lei di lui no. Il tempo di una innocente chiacchiera notturna e il prestito di uno spazzolino al viandante distratto che Pierre è sempre, e il cuore di lui è stregato. Pierre ha una quieta, forse ormai per lui troppo quieta, vita familiare, la moglie fermissima sull’intento di voler invecchiare con lui, il bambino che capitombola sullo skateboard, la figlia diciottenne perennemente sversa e che a un certo punto, in cui è chiamata a emettere un verdetto sulla genitorialità di sua madre, scopriremo attenta lettrice di Winnicott. Tra Pierre e Shona la scintilla è scattata, lui preme sull’acceleratore, e per tre quarti d’ora pensiamo che la regista Carole Tardieu stia provando a fregarci, cioè ci stia propinando un trito melò su adulterio e crisi familiare, pretendendo di renderlo originale solo perché la terza incomoda ha venticinque anni di più del marito (e quando la moglie lo sa le scappa da ridere di sollievo, solo all’inizio però). Poi però il film imbocca una strada più interessante, ovvero il drammatico contrasto tra la disgregazione fisica (Shona ha il Parkinson che avanza) e l’irruzione della passione sentimentale. Davvero la donna è in grado di abbandonarsi a una nuova stagione d’amore (come avrebbe suggerito Battiato) o si tratta di un lusso che non può permettersi, perché per essere all’altezza di un uomo così più giovane scopre in sé una inadeguatezza che prima non esisteva, e che pare peggiorare la malattia? E lui, con il suo attaccamento e l’insistenza, la rinforza interiormente o la spinge a deragliare? Si tratta della fase più coinvolgente della pellicola, prima che nel finale la chiave melò torni a prendere il sopravvento.
I giovani amanti ha diversi pregi puramente cinematografici, tra cui spiccano la curatissima fotografia di Elin Kirshfink e il ricercato e polveroso luccichio bobo degli interni. Nelle inquadrature sa rendere perfettamente attraverso il gioco dinamico dello spazio l’avvicinarsi e il nascondersi dei gesti intimi o relazionali più intensi, il tenero scioglimento del pudore affettivo, tra gli amanti, tra chi si amò e chi è sul punto di, tra madre e figlia. La colonna sonora di Erik Slabiak (con innaffiate vintage di Francis Lai) scatena vibrazioni, il cast attoriale risponde magnificamente, la presenza di altri due personaggi rilevanti oltre gli amanti e la famiglia di lui (il figlio dell’amica di Shona che era morta in ospedale, e che è collega e migliore amico di Pierre; la figlia di Shona, la cui condizione di single pesa sulla serenità di Shona rispetto alla propria, nuova relazione) equilibra ed allarga il respiro della storia. La sceneggiatura, al contrario, non funziona benissimo, scivolando sovente in banalità, ripetizioni, didascalismi, ipercorrettismi ed eccessivo ossequio al canone.
Il lato peggiore (e non da poco) è la terribile falla nella costruzione del personaggio di Pierre, che rimane impenetrabile. La tradizione cinematografica francese dell’amor fou ha indotto a Carol Tardieu a sentirsi esonerata dal far luce sulle dinamiche interiori del protagonista, che stante l’anomalia anagrafica richiedevano una maggiore trasparenza. Non certo per il divario in sé: c’è tuttavia uno scostamento notevole tra una grande differenza di età o la predisposizione a prendere in carico il declino della persona che si ha a fianco e il desiderio che i tempi stretti della storia sembrano far coincidere con la presa in carico di un declino. O forse è un approccio innovativo al Metoo: rappresentazioni in cui madri e figlie sono capaci di proteggersi senza conflitto, le mogli pronte a cedere il passo all’amante per il bene dell’amato e il meglio che ti puoi aspettare dai maschi è una tenera irresolutezza sentimentale (l’amico di Pierre) o l’ottusa ostinazione pari a quella un liceale, senza alcuna maturità emotiva. Non è che sia sempre falso, eh? Anzi. Però messo così ordinatamente in fila pare uno stereotipo, sciacquetto come gli stereotipi opposti che vuole scacciare.
I giovani amanti
Carine Tardieu
Votazione finale
I giudizi
Perfetto
Alla grande
Merita
Niente male
Né infamia né lode
Anche no
Da dimenticare
Terrificante
Si salvi chi può
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Cercate di trarre di buono tutto quel che potete da queste giornate pasquali, e auguri.
Corrado Augias, Il Venerdì
Francesca Rigotti, Il Sole 24 ore
La conclusione del conduttore di Fahrenheit – Tommaso Giartosio
Queste sono le tre ragioni per cui ci si offende:
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Hai detto male di me
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Hai violato un confine
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Non ti sei accorto di me come, e quanto, avresti dovuto
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