Doppia recensione
La La Land è la storia di un omosessuale nero e del suo tormentato percorso di crescita nella periferia di Miami. E’ diviso in tre fasi, ordinate cronologicamente che seguono la vita del protagonista Chiron: da piccolo ( “Little” è anche il soprannome affibbiatogli dai coetanei, per via della sua molle gracilità), da adolescente, da giovane. La sua infanzia è resa intollerabile, oltre che dai soprusi dei compagni, dalla tossicodipendenza della madre.Trova sponda umana solo nello spacciatore Juan e in sua moglie Teresa,che lo prendono a benvolere,e nel coetaneo Kevin, che in tutte e tre le parti del film avrà il ruolo di accompagnarlo– a volte scientemente e altre no- alle sue consapevolezze interiori: anche nella terza parte, quando Chiron, trasferitosi ad Atlanta, è diventato un muscoloso spacciatore. Oh no, scusate…
Scusate, ho girato il mio foglio di appunti dalla parte sbagliata! Questo non era La La Land, era Moonlight! Già, La La Land invece è un musical, è la storia d’amore di un’aspirante attrice e di un pianista jazz/aspirante titolare di un locale in cui si suoni jazz, il vero jazz. Si incontrano, si innamorano, siccome è un musical ogni tanto cantano, si confrontano faticosamente con i loro sogni di carriera, lui dopo avere predicato la purezza sembra tradirli in nome del successo commerciale, lei quando pare stremata dai fallimenti incappa nella svolta artistica che la porta a Parigi, prima i tour di lui e poi l’esordio sul set di lei li separano, anni dopo lei a passeggio con il marito entra per caso in un locale e scopre che lo ha aperto lui con il logo che aveva ideato lei, lui la vede, esegue un pezzo struggente, lei ci rimane secca nel senso buono e si avvia all’uscita, prima che esca i loro sguardi da lontano si incrociano, lui e lei si sorridono. Lui Lui Land si chiama Sebastian. Lei Lei Land si chiama Mia.
Perché con i miei appunti ho commesso la stessa gaffe di Warren Beatty alla cerimonia di premiazione degli Oscar (il vincitore è La La Land, oh no, scusate è il foglio sbagliato, il vincitore è Moonlight)? C’è qualcosa che li accomuna? Qualcosa. Sono entrambi film classici. Entrambi trattano della fatica di affermare la propria identità. Moonlight di quella sessuale e sociale. La La Land di quella del fare, che coincide con la realizzazione personale più profonda in un lavoro o in un’arte. In entrambi i casi si teorizza che è difficile far conto solo sulle proprie forze: l’aiuto decisivo a Chiron proviene da Kevin, Sebastian e Mia si supportano tra loro, spingendosi l’un l’altro nei momenti decisivi. In entrambi è portato avanti un grande climax cinematografico, uno diverso per film. In Moonlight emerge quel filone in cui il film trova lo sbocco quando, con grande sollievo dello spettatore che parteggia per lui, il protagonista spacca la sedia in testa a qualcuno (o gli spara o lo gonfia di botte). In La Land emerge quel filone in cui il film trova sbocco quando, proprio sul punto di resa, un sogno del protagonista si realizza. Mettendoli insieme, fanno quattro quinti della spina dorsale di tutte le trame cinematografiche. Infine, ad accomunare Moonlight e La La Land c’è che sono stati pensati per la notte degli Oscar. Più precisamente, si direbbe che qualcuno abbia sussurrato a Barry Jenkins, regista di Moonlight, guarda che con qualche pennellata estetica adatta questo è un film da Oscar e che qualcuno abbia detto a chiare lettere a Damian Chazelle guarda che è tornato il tempo per fare un film da Oscar con il musical (anche se la versione ufficiale è opposta, nessuno lo voleva produrre ecc.).
E però le differenze sono assai più delle somiglianze.
La La Land si può definire con un aggettivo: puerile (non sto sbagliando, dico proprio La La Land). La trama è piatta, come quasi tutta la musica, e il peggio è quando parlano perché la sceneggiatura è terrificante. Sarà pure una storia d’amore ma alla fine il messaggio è: pensa alla carriera. Sebastian parla del jazz come potrebbe parlarne uno che è rimasto ibernato per una trentina d’anni: lo descrive come agonizzante e abbandonato mentre nella realtà attraversa una fase di freschezza creativa e riconoscimento del pubblico. E’ sbilanciato in modo sessista nella presentazione delle due vite: le dita di Sebastian scorrono sulla tastiera per tutto il film, che Mia reciti ci crediamo sulla fiducia. La fase dell’innamoramento è la fotografia di una cotta da ragazzini, quella del travaglio e del distacco è una noia mortale. D’accordo, i costumi e le coreografie sono ricchi, ma senza fantasia. Al termine dei balletti non ti sorprenderesti se venisse fuori una pubblicità della Coca Cola. La parola “sogno” compare più volte che da Maria De Filippi. Ryan Gosling ed Emma Stone, beh complimenti per la versatilità visto che pure ballano e cantano, e sulla recitazione niente da dire: ma non è che fosse l’Amleto.
Moonlight è costato quanto i costumi di La La Land. Proviene da un’opera teatrale, e si vede, non per la disposizione spaziale ma per il numero di personaggi, sei di fatto, gli altri potevano anche disegnarli sul muro che era uguale. Mette in scena un tema dolorosamente intimo con la giusta sensibilità (pur un tantino carica) e senza una caduta nella volgarità e poche nello stereotipo. Usa soluzioni interessanti alla macchina, è intenso nei primi piani e nei movimenti. Ci ricorda quanto erano belli i tempi in cui si rimaneva zitti al telefono, e quel silenzio significativo legava più che parlare a raffica (è in una bella telefonata di Chiron e Kevin). Traccia benissimo la fisionomia della tossicodipendenza, seguendo gli sbalzi della madre di Chiron. Non è felice nel manieristico uso degli archi, ma limita il danno contenendo al massimo il commento musicale. Ha un finale delicatissimo.
Insomma uno è un bel film e l’altro è brutto.
Moonlight, Barry Jenkins
La La Land, Damien Chazelle
Votazione finale Moonlight
I Giudizi
Perfetto
Alla grande
Merita
Niente male
Né infamia né lode
Anche no
Da dimenticare
Terrificante
Si salvi chi può
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