Prima Puntata
Sarà perché la guerra abitua alle lontananze, allo straniamento, all’improvvisa mobilità, alla precarietà dei rapporti, all’inspiegabile e all’ineluttabile, alla perdita di senso delle vite individuali. Certo è che, tra il 1914 e il 1919, a Parigi e nel circondario spariscono dieci donne senza che ciò susciti allarme né crei tra loro un collegamento; per dirla ancora più radicalmente, senza che nessuno si affanni troppo a cercarle.
Finalmente, nell’aprile del 1919, una certa signora Lacoste scrive al sindaco del paesino di Gambais, più o meno nel modo seguente: mia sorella si è trasferita da un anno a vivere lì con il signor Tale alla tale via, però la posta che mando mi ritorna indietro. Saprebbe dirmi se sbaglio l’indirizzo?
Se la richiesta avvenisse ai giorni nostri, necessiterebbe una convocazione della giunta, e questa delibererebbe di non procedere per rispetto della legge sulla privacy. Per fortuna, all’epoca si era più informali: così il sindaco non ha difficoltà a negare che in paese ci siano abitanti con il nome della Lacoste o dell’uomo con cui sarebbe andata a vivere. Aggiunge, tuttavia, che un’analoga richiesta era pervenuta dalla parente di una certa signora Collomb. Le due si mettono in contatto, e da qui la polizia apre, senza particolare verve né costrutto, un’indagine. Dopo un anno, però, la signora Lacoste incontra in un negozio di porcellane il signore che ricordava essersi accompagnato con la sorella prima della sparizione. Avverte subito il commissario. Il caso vuole che l’uomo, nel negozio, abbia ordinato un servizio di piatti da farsi mandare a casa, e in questo modo si risale al suo indirizzo, a Montmartre. Strane coincidenze, che lasceranno poi il sospetto di nascondere altro, forse una soffiata fatta da un familiare del ricercato, una figlia con cui manteneva cattivi rapporti. L’uomo, dall’identità ancora incerta, viene arrestato mentre si intrattiene dolcemente con una giovane convivente, Fernande Segret.
Nell’interrogatorio in caserma l’individuo, un ometto tarchiato, senza capelli, con la barba fluente e gli occhi neri da pirata malese, viene qualificato come Landru (anche qui con un aiuto plateale della fortuna, un pezzetto di carta con scritto quel nome trovato in casa al momento dell’arresto), un piccolo truffatore che aveva da tempo fatto perdere le sue tracce. Quando il confronto con la polizia si avvia a concludersi con un nulla di fatto, visto che Landru si ostina a negare di conoscere le due donne scomparse, il commissario ha la felice, questurina intuizione di procedere a una perquisizione corporale. Dal taschino interno della giacca viene tratto un usurato quadernetto di tela cerata nera. Sfogliandolo, il commissario legge i nomi e cognomi di alcune donne, che si riveleranno scomparse a loro volta, e vicino al nome la data dell’incontro. Per il resto il quaderno, fisicamente somigliante a quello sul quale Bruce Chatwin avrebbe descritto mirabilie e visioni dei suoi viaggi lungo i continenti, è principalmente un catalogo contabile coltivato con maniacalità da pitocco. Preciso al centesimo, Landru elenca il costo dei biscotti Malaga, della carrozza e del metrò. Con una particolarità: viene sempre un momento, nelle sue frequentazioni, in cui acquista per sé, sulla tratta Parigi-Gambais, un biglietto di andata e ritorno e per la sua accompagnatrice un biglietto di sola andata. Gentiluomo va bene, ma scialone è un’altra cosa.
Landru aveva già in corso pendenze con la giustizia, sia pure robetta a fronte dell’accusa di omicidio plurimo. Dopo un’infanzia tranquilla e un’educazione bigotta, aveva messo presto incinta una giovincella, sposandola per riparazione e generando altri tre figli. Avviato apparentemente a un lavoro normale, aveva a un certo punto deciso che c’erano sistemi meno faticosi per fare soldi. La sua prima truffa consisté nel pubblicare inserzioni di lavoro, rivolte a fattorini muniti di bicicletta che avrebbero dovuto effettuare consegne per la sua fantomatica ditta. Poche ore dopo l’assunzione, Landru rubava la bicicletta e licenziava il giovane, colpevole di essere rimasto appiedato e impedito ad assolvere la sua funzione. Si mise poi a trafficare con mobilia rubata, sino a che, nel 1914, ebbe un’idea nuova. Pubblicò nuovamente inserzioni, stavolta a carattere sentimentale, proponendosi come signore distinto di mezza età che cercava una signora per eventuale matrimonio. Di essere ricorso a questo gioco per sedurre donne e trafugare i loro averi o farsi imprestare soldi Landru non ebbe difficoltà ad ammetterlo (e nemmeno gli sarebbe stato facile smentirlo, perché i ritagli stavano lì a dimostrarlo, come i mobili delle donne, custoditi in un deposito). Solo che secondo lui la cosa finiva lì, e se dieci donne, rotta la relazione, avevano deciso di andare in giro per il mondo lui non ne poteva nulla. In fondo, suggerì una volta, si trattava di una percentuale meschina a fronte di tutte quelle che aveva abbordato con successo. In effetti, dalla corrispondenza ritrovata presso la villa di Gambais, risultava che Landru avesse stretto affettuosi rapporti, fisici o quanto meno epistolari, con 283 donne.
L’impressionante cifra ci suggerisce che nella Francia dell’epoca, in questo senso molto più avanzata di tutti gli altri paesi, fosse in corso una vera e propria rivoluzione sessuale. Mentre ancora sopravviveva il fenomeno dei matrimoni combinati, queste donne potevano rispondere agli annunci e tempestivamente incontrare il possibile spasimante, attuando una trasgressione simile al moderno abbordarsi in chat. Erano donne mature, s’intende; spesso vedove. Ma evidentemente libere dalla pressione del controllo sociale, visto che non avevano scrupolo a offrirsi al primo venuto e di involarsi con lui prima delle nozze, tanto che quando se ne perdevano le tracce nessuno se ne allarmava più di tanto. E non si limitavano a civettare o a incentivare adorazioni stilnoviste. Il fatto che in quattro e quattr’otto si trasferissero con armi e bagagli denota una forte emancipazione sessuale.
La Prima guerra mondiale contribuì ovunque a porre le donne in una luce diversa dal passato, poiché per rimpiazzare i mariti partiti per il fronte esse dovettero avviarsi in massa al lavoro, e proprio in Francia per due terzi, tra il ’14 e il ’18, erano loro che mantenevano la famiglia. In Francia c’era però qualcosa che trascendeva il dato storico contingente: una misteriosa corrente elettrica che spingeva la donna a impadronirsi del proprio destino e a misurarsi con l’uomo. Proprio nell’anno del processo a Landru fu pubblicato uno dei primi grandi best seller: il romanzo La Garçonne scritto da Victor Margueritte, che scioccò i benpensanti per il carattere pornografico ma vendette l’incredibile numero di un milione di copie e fu letto dal venti per cento dei francesi. La garçonne era un nuovo tipo femminile, padrona del suo corpo ma desiderosa di usarlo per il godimento, spregiudicata e (dettaglio non di secondo piano) con il taglio corto dei capelli. Vale ancora la pena di ricordare che in Francia la legge sul divorzio esisteva dal 1884 e nel 1914 a farvi ricorso erano state per metà le donne; e che, a conferma di una progressiva disinibizione genitale, l’aborto era una questione seria, stimata, a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, in centomila casi all’anno. Una legge del 1923 fece dell’aborto un reato correzionale, per trasferire la competenza ai giudici professionali, nella speranza che costoro fossero più severi e stroncassero il fenomeno. In effetti le assoluzioni, che erano state dell’80 per cento sino al 1923, calarono nei dieci anni successivi al 19 per cento. Dal 3 luglio 1920, poi, era proibita ogni propaganda anticoncezionale. La posizione maschil-governativa, insomma, tendeva ad arginare una spontanea esplosione libidica. E non è da escludere che episodi, anche gravi ma atti a riconfermare la necessità che le donne tornassero a collocarsi sotto la protettiva giurisdizione maschile, non dispiacessero del tutto, almeno inconsciamente, alla maggioranza dei transalpini.
Landru aveva portato le sue prime tre fidanzate scomparse in una villa affittata a Vernouillet, le sette successive in un’analoga residenza nella campagna di Gambais. In entrambi i casi aveva firmato il contratto di locazione sotto falso nome. Negli anni si sarebbe divertito a sfoderare un cognome per ogni occasione, spesso attingendo a quelli delle donne sedotte.
La perquisizione a Vernouillet non diede alcun risultato, e in un primo momento nemmeno quella a Gambais. Si decise allora di organizzarne qui una seconda, con abbondanza di magistrati, funzionari, poliziotti, esperti, periti, giornalisti e invitati a vario titolo. La data prescelta, il primo maggio, non fu probabilmente casuale. Nella stessa giornata arrivava in Francia il plenipotenziario tedesco per discutere il trattato di pace, che si presentava per la Germania molto meno punitivo di quanto i francesi prevedevano e giudicavano congruo; e si sarebbe contemporaneamente svolta, annunciandosi turbolenta, la prima festa dei lavoratori successiva alla fine della guerra. Insomma, è azzardato dire che il caso Landru lo inventò il governo; ma una volta che c’era, e sempre più suscitava gli appetiti morbosi delle cronache, tanto valeva sfruttarlo.
Il brano è tratto dal libro di Remo Bassetti “La storia in dieci processi“, da Socrate a Berluscconi
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