Recensione del libro “Apeirogon” di Colum McCann

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E’ una storia vera, e questa è l’unica concessione al mainstream. Due genitori, uno israeliano e uno palestinese, che hanno conosciuto un lutto gemello: una figlia morta in un attentato, Abir- figlia di Bassar-a dieci anni, raggiunta da un proiettile di gomma alla nuca; Smadar, tredicenne figlia di Rami, in un attentato suicida. E i due padri che, superando la tentazione dell’odio e della vendetta, creano l’associazione Parents for Peace e vanno in giro per il mondo a spiegare che “non finirà finché non ci parliamo”. Colum McCann entra, come nessuno mai fuori da quella terra, nel conflitto arabo-palestinese e scrive il libro che ci si sarebbe attesi semmai da David Grossman. Non sceglie una forma lineare, e rimane fedele al titolo, Apeirogon, che è un poligono con un numero infinito di lati e lunghezze, e questa non è solo una metafora della complessità di una vicenda storica ma anche delle molteplici prospettive con cui viene proposta nel libro. La sua forma è in effetti matematica (più che geometrica) e milleunanottistica (si racconta per tenere in vita, in questo caso le figlie nella memoria), 1001 capitoli, dapprima in ordine crescente e poi decrescente, alcuni di un rigo, altri di qualche pagina, e al posto della progressione cronologica, magari alterata dai feedback, propone una versione della storia che procede per frammenti e variazioni, e che fa morire Smadar e Abir un’infinità di volte. Ci sfida ad assuefarci rendendocelo impossibile, perché trova sempre un lato del poligono che non avevamo esplorato. E in mezzo ci mette ogni tempo e spazio, come a dimostrarci che quella violenza e quel conflitto, nonostante la loro eccezionalità, seguono il filo di un paradigma universale. Salta abilmente da Borges alla Prima Intifada, dal carteggio tra Einstein e Freud al campo di concentramento di Theresienstadt secondo un procedimento simile a quello che nel cinema si definisce montaggio per attrazioni. Adotta uno stile postmoderno ma lo addomestica al servizio di una narrazione centripeta, che sempre su quei due padri e quelle due figlie va a gravitare. Teorizza la necessità del dialogo ma accetta di mostrare, con la sua stessa scrittura, che non è possibile farlo scorrere senza scarti, flussi trasversali e sovrapposizioni. Umile ed epico, astratto sino alla rarefazione e carnale sino alla penetrazione del dolore fisico. Ostico e spigoloso nella struttura ed esigente verso l’attenzione del lettore ma di un lirismo puro e immediato. Evidente e sconvolgente.

Colum McCann

Apeirogon

Traduzione di Marinella Magrì

Feltrinelli

Di |2021-08-02T10:53:17+01:0030 Luglio 2021|Libri consigliati|

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