Proviamo a rendere il mondo un po’ peggio di quel che è, e poi scaviamoci dentro per trovare quel tocco di poesia che compensa il peggioramento. Potrebbe essere un modo per inquadrare l’approccio narrativo di Etgar Keret, il miglior autore di racconti comici e surreali del momento, un israeliano che fugge dalla tradizionale lunghezza dolorosa dei suoi illustri compatrioti, che conserva le radici yiddish dell’umorismo e che ha sempre troppo cuore per condurre sino in fondo il cinismo delle sue storie. Tra i ventidue racconti di “Un intoppo ai limiti della galassia” ce n’è persino uno a spot, intervallato dagli altri, ed è uno straordinario carteggio tra un signore che vuole portare la sua mamma, sopravvissuta all’Olocausto, in una escape room israeliana proprio nel Giorno della Memoria, in cui il titolare dell’attività avrebbe intenzione di osservare una rispettosa chiusura. In mezzo ci si trova di tutto quel che la scatenata fantasia di Keret decide di produrre, come un racconto che nel rovesciamento di aspettative su chi è vivente e chi no ricorda il film The Others, o quello di un miliardario che per combattere la solitudine decide di comprare i compleanni altrui per godere degli affettuosi auguri che li accompagnano. A volte la deviazione dal reale è un piccolo scarto grottesco che appena la accentua, come la prepotenza del bambino viziato che pretende per il suo compleanno il registratore di cassa del negozio dove il padre lo ha portato a scegliere il regalo, o l’egocentrismo autocommiserante di un innamorato dentro un Museo che documenta gli orrori di Auschwitz. In certi casi non possiamo escludere che quel che è improbabile accada davvero a nostra insaputa, e che in casa di notte mentre la famiglia si cruccia nei suoi pensieri o li sublima nei sogni, il pesce rosso tiri tardi a fare il pantofolaio davanti allo schermo.
Etgar Keret
Un intoppo ai limiti della galassia
Traduzione di Alessandra Shomroni
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