Un raro romanzo olistico, questo è “Bacino 13” di Jon McGregor. Sarebbe errato definirlo un romanzo collettivo, o peggio corale, nonostante la mole cospicua di personaggi. Più sbagliato ancora, beninteso, sarebbe definirlo un giallo o un noir nonostante al principio getti l’esca di una ragazzina tredicenne che scompare misteriosamente nel paesino di una campagna inglese dove si trova in vacanza. Quell’episodio è solo l’occasione per accendere i riflettori sulla piccola comunità che vi risiede, sorpresa in un momento di spaccatura del quotidiano nel quale torna presto a fare tana: è tallonare quel quotidiano l’obiettivo di McGregor, per tredici capitoli corrispondenti ad altrettanti anni (e per dodici tredicesimi al medesimo incipit: Alla mezzanotte dell’anno…) nei quali il tempo tende a ristagnare circolarmente più di quanto progredisca; ma è lontano dallo scrittore l’intento di suggerirlo come grigio e ammorbante. Si tratta semplicemente del tempo delle stagioni, e l’olismo di McGregor consiste nel legare il tempo e i fatti umani direttamente al tempo e ai fatti della natura. L’abilità è trasferire questo concetto nell’organizzazione della prosa (spesso vicina a un delicato poema) nella quale, accostati, l’istante della singola esistenza, il barbaglio della vita sociale e il movimento circostante del creato si aggrumano dentro un significato che li riassume. Il libro reclama dal lettore un’attenzione compatta, senza la quale rischia di diventare sfiancante come l’Ulisse di Joyce per il solo fatto di ricordarsi i personaggi. Ma premia assai chi gliela concede e getta infine un occhio pietoso su ogni dettaglio dell’umanità giacchè la consonanza con la natura trasforma solo in selvatico ciò che a noi apparirebbe violento.
Jon McGregor
Bacino 13
Traduzione di Ada Arduini
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