C’è tutto un filone di letteratura contemporanea che potremmo definire come post-edipico, perché la storia mette al centro la complessità della relazione tra un maschio adulto e il suo genitore e lo sforzo del primo di tutelare, ricomporre, risanare il legame lavorando sulle ferite della memoria. Ne Gli informatori, però, la ferita affiora molto tardivamente e l’esercizio della memoria- pubblica e non privata, in questo caso- è quel che il padre cerca di impedire. Nel 1988, il giornalista Gabriel Santoro scrive un libro fondato sulla testimonianza dell’amica di famiglia, l’immigrata ebrea Sara Guterman, relativa alla Bogotà degli anni Quaranta e alle difficoltà di integrazione di un ebreo proveniente dalla Germania. Senza ragione apparente, il libro suscita la furia dell’omonimo padre dello scrittore, noto avvocato e professore di retorica all’università, che lo stronca su un giornale, rendendolo involontariamente un piccolo caso editoriale. Quel che indigna Gabriel Santoro senior è lo scavo in un passato del quale non si capisce bene all’inizio se egli si senta garante, o ne sia invece fuggiasco perché ha qualcosa da nascondere. Un malanno cardiaco riavvicina il padre al figlio, senza però che egli espliciti i motivi della sua reazione. La morte improvvisa del genitore in un incidente d’auto induce Gabriel junior a proseguire il filo della sua inchiesta, ormai spinta soprattutto dal desiderio privato della verità familiare: entra così in contatto con una pagina torbida della storia colombiana, l’allaccio e la revoca di un rapporto amichevole del paese con i transfughi nazisti, concluso con una lista di proscrizione compilata probabilmente per eccesso e avvalendosi di delazioni. Il romanzo appena pubblicato da Feltrinelli uscì nel 2004 e anticipò il percorso notevole compiuto da Vasquez nella trattazione letteraria del complicato connubio tra memoria e storia e la facilità dei travisamenti. Nonostante il suo limpido stile di scrittura, Vasquez cerca di riprodurre l’opacità della quale tratta, confondendo il lettore con alcuni salti temporali dentro i racconti dei testimoni, con inopinati passaggi del parlare di sé in terza persona da parte di un personaggio, con pagine di seguito dedicate alle sue speculazioni di quel che probabilmente (improbabilmente, in verità) è accaduto a qualcuno cui non riesce a risalire. Il ritmo della narrazione è magistralmente rallentato dall’abitudine di Vasquez a connotare i personaggi non mediante la descrizione fisica ma attraverso il velleitario tentativo dell’io narrante di intercettarne i pensieri. Caso non raro di romanzo inopinatamente abbinato al genere noir o alla spy-story per regalargli una più vigorosa spinta commerciale, Gli informatori è in realtà un intenso e profondo romanzo psicologico che appoggia gli eventi su un interessante sfondo storico; stilisticamente Vasquez aggiorna la prosa elegante e antiretorica di Vargas Llosa al costume letterario contemporaneo di fare dell’io narrante un soggetto che sta per metà dentro e per metà fuori dagli eventi che riporta.
Juan Gabriel Vasquez
Gli informatori
Traduzione di Enrico Passoni
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