Una cosa è non parlare di niente e una cosa è parlare del niente. Il romanzo di Gerard Reve, “Le sere”, rientra nella seconda categoria, ed è uno dei più riusciti nello svolgimento del difficile compito. Reve lo scrisse ventitreenne nel 1947 e il volume venne interpretato quale descrizione del vuoto esistenziale della generazione postbellica olandese. Come ha dimostrato il suo successo postumo, l’intento di Reve era universale, non circoscritto a un periodo storico. Anche se non si può negare che Reve fotografasse ferocemente alcuni tratti della società che aveva sotto gli occhi, il suo obiettivo era descrivere la faticosa e fallimentare ricerca di senso della vita nella prospettiva paradigmatica di un giovane che non ha ancora deciso se idealizzarla o condannarla senza appello. Le sere in questione sono le ultime dieci del dicembre 1946: delle giornate, spese in un lavoro impiegatizio, manco vale la pena di parlarne (gli incubi notturni invece saranno descritti uno per uno, con il loro cupo fascino). Quando eravate ragazzi avevate mai provato, all’ultimo dell’anno, il disagio per l’obbligo di doversi divertire a tutti i costi? Ecco, per il protagonista del romanzo, Frits van Egters, ogni sera è così. In qualche modo spera di poter occupare le ore in un modo che lo faccia sentire vivo ma puntualmente annega nella noia, nell’insignificanza, nell’insensatezza: e capovolgere quel destino sarebbe una fatica di Sisifo poiché è il suo stesso sguardo, esasperatamente analitico e torbidamente cinico, a separarlo in partenza dal mondo. Rispetto all’omologazione è sospeso tra il desiderio e la ripugnanza. I sentimenti che in lui si succedono ad ogni contatto umano sono la paura, il tedio e l’impazienza. Non riesce ad esimersi dalla catarsi dissacratoria e scompagina le certezze del prossimo con storie macabre e predizioni sull’imminente calvizie, che è per lui il simbolo dell’irreversibile decadenza fisica. Si muove come un attore che soppesa e critica in diretta le parole che sta pronunciando e che scaglia non appena si profila il temuto silenzio. Esercita la maniacalità della propria attenzione sui genitori, coinvolgendoli in discussioni assurde per provocarne i riflessi condizionati che detesta. Sarebbe stato anche una fantastica pièce teatrale, invece è uno splendido romanzo, con qualche eco di Kafka e soprattutto di Hamsun. E’ un romanzo circolare, dentro il quale sarebbe vano attendersi il cambiamento, ma a un amante della grande letteratura bastano trenta pagine per lasciarsi risucchiare nel vortice vano degli incontri di Frits.
Gerard Reve
Traduzione: Fulvio Ferrari
Le sere
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