Non è precisamente l’epoca in cui la fama arride ai poeti e Nicola Muschitiello non fa eccezione.
Quel che sanno i meglio informati è che vive a Bologna, è traduttore di Baudelaire e che di lui Calvino disse che ha “una voce vera”. Questo minimo riferimento di Calvino, oltre a un veloce sfoglio, è stato decisivo per il mio acquisto. Di nuovo l’editore Aragno, specie quando si tratta di poesia, non tradisce (l’anno scorso mi aveva fatto scoprire Beppe Mariano, che pure raccomando caldamente). Muschitiello è veramente straordinario. Verso libero, la rima centellinata ma folgorante, un intrigante uso dei trattini in funzione di stacco fintamente parentetico, nessun timore di abbracciare nel registro lirico la parola e l’oggetto comuni, un certo gusto per la ripetizione prosaica, un tono pacatamente confidenziale, apertura gioiosa alla vita senza nasconderne gli infingimenti, rigoroso rispetto del principale ruolo del poeta che consiste nel dare presenza alle assenze. Mi sembra un lirico assolutamente intergenerazionale, immediato, originale (se devo azzardare una somiglianza dico Bartolo Cattafi, che però è assai più cupo) ironico, capace di coinvolgere tutti negli eterni temi della meraviglia e dell’amore, della morte che verrà (ma intanto no) e della memoria, e che non ha paura di mettere insieme “le residue corolle”, i quadri di Lippi e i messaggi sul cellulare. Il volume “La rosa eterna” raccoglie le sue cinque raccolte pubblicate. La mia preferenza personale va alla lirica “A mio nonno centenario” ma, per non togliere la magia a chi la leggerà, riporto invece qui la seconda parte della “Fine dell’ora legale”.
E anche questa volta
ci regaleremo un’ora illegale
di luce,
come una lucciola tenuta
chiusa nel pugno
da giugno,
come un raggio estivo
appreso nel pruno e rubato.
E tu mi regalerai, per giunta,
un’ora solare
di buio, che cederà sotto
le mie cinque dita, come un biscotto
fra le dita di un bambino…
Nicola Muschitiello
La rosa eterna
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