A due anni dallo strepitoso Il sussurro del mondo, Richard Powers è riuscito (quasi) a ripetersi, rimanendo sul tema ecologista ma sostituendo una vasta fauna umana, e la complessità delle interazioni nel tempo e nello spazio, con un rapporto diadico tra un padre vedovo e il suo geniale e socialmente problematico figlio di nove anni. Sullo sfondo c’è la figura della moglie e madre, avvocatessa e attivista ambientale, morta in auto per evitare di investire un opossum. Theo è un astrobiologo che raccoglie creativamente informazioni sui gas presenti nelle atmosfere di pianeti lontani, Robin un orfano che compensa il suo dolore immergendosi nelle numerose riproduzioni digitali della madre e lo sublima nell’ispezione di ogni organismo dell’ambiente naturale e nella compassione immersiva che ne consegue. L’ipersensibilità di Robin diventa un problema anche scolastico che il padre cerca di risolvere ricorrendo al neurofeedback decodificato, ossia l’esperimento di modificare i comportamenti cercando di farli coincidere con le configurazioni neurali che rappresentano su uno schermo quelli ottimali: e siccome la madre aveva inaugurato quel programma, il sogno di Robin diventa la virtuosa emulazione del tracciato materno che può vedere con i suoi occhi, e però ancora allontana l’elaborazione del lutto. A Theo, genitore inadeguato ma crescentemente volenteroso, tocca cercare strade alternative. Come sempre, leggere Powers è un’esperienza particolare, una combinazione rara di rigoroso tecnicismo scientifico e sfrenato umanesimo letterario, una mescolanza di elevato concettualismo ed elettrica emozionalità nei personaggi (con qualche pecca di credibilità riguardo Robin) e una biodiversità linguistica refrattaria a ogni rischio di estinzione.
Richard Power
Smarrimento
Traduzione di Licia Vighi
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