“Sono entrato in famiglia sessant’anni fa, e non esagero a dire che ho reso loro la vita un inferno”. A parlare è un letto, in mezzo ad altri oggetti che si svelano tutti terribilmente perfidi.
E cosa dire dei resoconti antropologici della tribù amazzonica dei Tuponi, che annullano ogni mattina gli effetti dell’esperienza e fanno fingere di non conoscersi l’un l’altro, o di quella dei Kambulè che trascorre la giornata a scavare buche, che forse è il loro modo di riempire il vuoto esistenziale? O della raccolta di “rettifiche” nella quale il medico corregge da 22 a 2 la dose di pillole già consigliata al paziente e i docenti accademici, sulla stampa, si accusano di ridicoli plagi? In tempi letterari funestati dall’inseguimento della cronaca e appiattiti nella libera espressione fantastica, questo giovane filosofo belga continua a proporre fulminanti e brevi racconti dell’assurdo, segnati da comica genialità e cinismo, che sono una totale cesura del verosimile. Se invece quando fate l’amore diventate azzurri, come capita all’umanità in una di queste storie, inviate anche voi una “rettifica” per precisare che alcune ipotesi sono assolutamente realistiche.
Bernard Quiriny
Storie assassine
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