Il soggiorno del grande scrittore William Somerset Maugham in Malesia, a Penang, in una fase di crisi creativa e finanziaria insieme al segretario-amante che cela dietro la copertura sociale di un matrimonio in cui è assente; le sofferenza attuale e le segrete e clandestine nostalgie amorose di Leslie, una nativa gentildonna inglese che mostra una certa freddezza per l’anziano e malato marito; un caso giudiziario senza precedenti, perché è la prima volta che il rischio della condanna a morte aleggia su un’europea, una donna che ha ucciso in casa un uomo senza che sia chiaro se voleva davvero difendersi da un’aggressione sessuale o invece abbia agito con premeditazione per sua gelosia. Ognuna di queste storie appassionanti, sul loro sfondo degli ultimi anni dell’Impero Britannico, potrebbe costituire un romanzo a se stante, e l’abilità di Tan Twan Eng è di legarle perfettamente, senza togliere spessore e attenzione a nessuna di loro (e anzi aggiungendo una quarta narrazione su un altro personaggio storico, Sun-Yan-Set, lungamente rivoluzionario fallimentare prima di diventare presidente-meteora della Repubblica cinese, e che nel libro vediamo in azione come raccoglitore di fondi tra i connazionali immigrati). Il canale di comunicazione saranno le confidenze che si scambiano Maugham e Leslie, quest’ultima con l’intento nemmeno tanto inconscio di consegnare le proprie e consegnare se stessa alla rapacità di uno scrittore in cerca di storie, con le conseguenze che si possono immaginare. Il passaggio da una narrazione all’altra, mediato dai flashback, funziona a meraviglia e nel finale viene fuori anche qualche sorpresa, con naturalezza e senza ricerca di effetto. La casa dalle mille porte è un romanzo classico con un’architettura impeccabile e una densità psicologica che lasceranno soddisfatti anche i lettori più esigenti. Lo stile della scrittura è molto elegante e, presumo con voluto e ammirevole mimetismo, richiama proprio quello di Somerset Maugham.
Tan Twan Eng
La casa delle mille porte
Traduzione di Daria Restani
Corrado Augias, Il Venerdì
Francesca Rigotti, Il Sole 24 ore
La conclusione del conduttore di Fahrenheit – Tommaso Giartosio
Queste sono le tre ragioni per cui ci si offende:
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Hai detto male di me
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Hai violato un confine
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Non ti sei accorto di me come, e quanto, avresti dovuto
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