Se certe situazioni odiose dei nostri tempi venissero affrontate chiedendosi: cosa direbbero i nostri bambini se fossero qui? probabilmente riusciremmo a edificare (attenzione non a murare!) un mondo migliore. Capita a un bambino nel romanzo. Viaggia con suo padre e la figlia della compagna di sua madre e accade. A distanza di binocolo stanno brutalmente respingendo bambini oltre la frontiera tra Messico e Stati Uniti. “Ma il binocolo gli ha avvicinato troppo il mondo agli occhi, il mondo si è già proiettato dentro di lui; da cosa dovrei proteggerlo ormai, e per quale ragione? Non mi resta altro da fare, credo, se non accertarmi che i suoni registrati dalla sua mente, i suoni che rivestiranno per sempre questo momento destinato a vivere per sempre dentro di lui, siano suoni che gli diano la certezza di non essere stato solo quel giorno”. La coppia è formata da due documentaristi (ancora il bambino: “ Ufficialmente papà era un documentacario e mamma una documentarista, e pochissime persona sanno la differenza. Un documentacario è più simile a un bibliotecario e un documentarista a un alchimista”) che si sono innamorati mentre lavoravano insieme alla mappatura sonora degli idiomi parlati a New York. Ora, insieme ai figli sono in viaggio verso l’Arizona, dove lui intende risalire alle radici della cultura Apache e lei osservare da vicino le storie tragiche di frontiera (la Luiselli ha effettivamente svolto la funzione di mediatore culturale in quel contesto). Portano con sé sette scatole: quelle dei figli sono ancora da riempire, le loro piene di libri veri e inventati, di mappe, di suoni. Valeria Luiselli vuole imbastire una narrazione collettiva ma simbolica e un po’ astratta dei bambini che non ce l’hanno fatta, che spariscono durante l’emigrazione, e lo fa utilizzando lo sguardo di quattro personaggi che sperimentano ogni giorno la fatica di ricomporre o idealizzare ciò che si smarrisce. La perdita e l’archiviazione sono due titani destinati a combattersi e convivere. Il libro le affratella dentro un linguaggio originale (nelle ultime cinquanta pagine scappa anche un po’ la mano), assegnato a due voci narranti tra le quali corre una frontiera vasta e per lo più invisibile, come quella che separa le popolazioni tra loro e i bambini dal resto dell’umanità.
Valeria Luiselli
Archivio dei bambini perduti
Traduzione di Tommaso Pincio
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