“Storia e pratica del silenzio” estratti dal paragrafo “Mani punite”
I pregiudizi di fondo verso la lingua dei segni erano riconducibili a due: che sia una forma di comunicazione regressiva ed espressivamente povera, tecnicamente non assimilabile a un sistema linguistico, nella migliore delle ipotesi un catalogo gestuale; che il suo apprendimento riduca la probabilità che il sordomuto acceda con profitto all’esperienza verbale, poiché ne diminuisce la motivazione, tende a isolarlo psicologicamente dalla comunità degli udenti e lo indirizza verso schemi primitivi di interazione.
Lo smantellamento della prima credenza cominciò dal prezioso e geniale lavoro del linguista William Stoeke, il quale da una lunghissima osservazione delle comunicazioni tra sordi ricavò leggi generali. Egli scoprì che i segni della lingua dei segni americana (ASL) possiedono una struttura interna simile a quella delle parole: sono infatti composti da unità minime prive di significato autonomo, con la stessa funzione dei morfemi del linguaggio verbale.
C’è stata almeno una circostanza clamorosa nella quale i sordi si sono ribellati al loro stato di subalternità.
L’8 marzo 1978 gli studenti della Gallaudet ritennero che dopo 114 anni fosse scoccata l’ora di mettere a capo dell’università un rettore sordo, passando da una concezione medica a una concezione culturale della sordità. Così, dopo che una nuova direttrice udente aveva prevalso sui due candidati sordi avviarono uno sciopero di protesta, per il quale la nuova dirigente ricorse all’infelicissimo commento: “i sordi non sono ancora pronti per assumere incarichi nel mondo degli udenti”; che – se fosse stato vero – sarebbe suonato sconfessione di quella stessa università. Ed equivaleva ad affermare che la sordità è un problema troppo serio per affidarlo ai sordi. Gli studenti si schierarono fuori dai cancelli, uniti in un’agitazione che non aveva precedenti nella storia umana per quanto si manifestava nella cornice di un silenzio irreale, punteggiato da due forme di fragorosa esplosione del rumore: gli applausi che festeggiavano i proclami espressi dai leader della rivolta nel linguaggio dei segni e le auto che transitavano davanti ai cancelli e rispondevano al richiamo dei cartelli affissi dagli studenti: “suonate il clacson per chiedere un rettore sordo”.
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