Il bacio come operazione artistica
Cosa c’è di più classico del bacio? In primo luogo, perché è stato protagonista di immortali opere d’arte. Ed è un classico, sempre, nella nostra personale biblioteca della memoria,
quella che seleziona i momenti che hanno dato senso all’esistenza. Ma è un classico anche per il gusto che si prova a tirarlo ogni giorno fuori dallo scaffale.
Kierkergaard isolava il primo bacio, categorizzandolo a sé rispetto a tutti gli altri, e sviliva con scherno il bacio domestico, vedendone il prototipo nei baci matrimoniali “grazie ai quali, in mancanza di tovagliolo, i coniugi si asciugano vicendevolmente la bocca al momento di dirsi: pranzato bene?”. Eppure nel bacio cerchiamo per poche volte la passione, e per il resto della vita una rassicurante serialità, una cortina protettiva di tenerezza. Sono tra le più significative pagine della Recherche quelle in cui Proust attende, talvolta inutilmente, il bacio di buonanotte della mamma, una situazione cha avrebbe in qualche modo replicato con Albertine. Freud sosteneva che il bacio discende direttamente dalla suzione del seno materno. Gli egiziani avevano una sola espressione per indicare il baciare e il mangiare. Il bacio è nutrimento, e non ci possiamo permettere solo sporadiche grandi abboffate.
L’arte, tuttavia, preferisce isolare la fiammata improvvisa, la sorpresa umida, trivellante ed elicoidale del french kiss. Il bacio passionale è un gesto assoluto: addomestica la potenziale ferinità, azzannante o verbale, della bocca. Chi bacia è muto, la lingua è linguaggio, il respiro coabita o cessa. Nella totalità si nasconde la trappola. Munch ha ritratto, più volte, Il bacio e i Vampiri, trattandoli nella sostanza come soggetti interscambiabili, e rendendo magnificamente il senso di assimilazione e annullamento dell’altro che chi ama persegue. Nel più celebre dei suoi baci i volti si confondono sino all’unità, e come vampiri gli innamorati risalgono la corrente di quel sangue sfrigolante.
Il più famoso Bacio dell’arte italiana è quello dipinto da Francesco Hayez. Siccome l’assolutezza del bacio rende d’impiccio il contorno, da Munch e Rodin all’arte successiva, i baci sono tendenzialmente spogli di coreografia circostante. Parrebbe così anche nel quadro di Hayez. Ma siccome in quel momento l’arte o era risorgimentale o non era, il pittore dipinse una seconda versione buttando per terra un panno bianco, che faceva perfetto pendant tricolore con il resto degli abiti. Già la tela originaria, peraltro, aveva poco dell’abbandono decontestualizzato: lui poggia nervosamente un piede sulla scala, ché non vede l’ora di squagliarsela; è un cospiratore, e l’impugnatura del coltello che ha in tasca preme contro il fianco della poveretta: è meno crudo che oggi il segno della ventiquattrore, però è già la commistione del politico e del personale. Dio! Era il primo bacio d’amore di quel genere nell’iconografia italiana, non poteva rilassarsi? Vuoi vedere che se tardava un minuto lui, perdevano il traghetto per Calatafimi? Alcuni anni fa, tra le foto di una curiosa mostra fotografica intitolata “Un bacio, due baci…”, ce n’era una con due ragazzi che si vampirizzavano davanti a una staccionata che aveva a sinistra la scritta “Palestina libera” e a destra “Renato libero”. Si erano presumibilmente inguattati nel primo angolo non frequentato.
La mostra in questione si svolgeva nelle stazioni ferroviarie di Roma e Milano. Bella idea, i baci nella stazioni sono i più densi e drammatici. Anche l’accelerato su cui sale il pendolare introduce alle suggestioni della lontananza e dell’incertezza, e lascia gocciolare sul bacio l’ansia della precarietà. E ogni ritorno pare un piccolo miracolo, una resurrezione. Il bacio, del resto, è salvifico e capace di infondere vita. Come è stato acutamente osservato, esso riassume i tre stati della materia: solido con il tatto, liquido con la saliva, aeriforme con il respiro. Opposto alla malattia, non sempre la debella: San Giuliano bacia il lebbroso e muore con lui. Però ridimensiona la credulità: l’immunologo Aiuti baciò la sieropositiva e dimostrò che I’Aids non si trasmette per quella via. Nelle fiabe, in compenso, non tradisce mai: doma il sonno letargico della Bella Addormentata e si impone alla ripugnanza suscitata dal Rospo o dalla Bestia, restituendo ai prìncipi il loro manto regale.
Un bacio senza affetto o un bacio mortale, dunque, costituiscono il sommo tradimento. Che bisogno c’era che Giuda, per indicare il Messia ai romani, lo baciasse sulla guancia? Ben poteva indicarlo da lontano o, per la piega che stavano prendendo gli eventi, fargli pure una paccheriata. Ma non sarebbe stato allora il capro espiatorio che doveva. Il bacio dentro il Getsemani è più abietto dei trenta denari. Tanto doveva essere sottolineato, quel momento, che il bacio è bandito dal resto del Vangelo: nonostante la sua incessante predicazione e pratica caritatevole e amorosa, Gesù non bacia neppure una volta né mai invita a farlo.
Al fotografo Robert Doisneau si deve lo scatto che immortalò nel 1950 due amanti in Rue de Rivoli in una posa dolcissima, che meritò la copertina di Life e una quantità di riproduzioni che proliferarono sulle pareti domestiche di tutto il mondo e contribuirono al mito di Parigi come città degli innamorati. Trentotto anni dopo, un uomo e una donna si riconobbero nella foto e pretesero un indennizzo in nome del diritto d’autore. Venne allora fuori a smentirli un’attrice che sostenne di aver posato come modella e, a ripensarci, nemmeno ben retribuita, così bussava pure lei a denari. L’agenzia era effettivamente in possesso dei provini, ambientati in varie zone, che dimostravano come l’immagine fosse stata pazientemente costruita. Quella scena che pareva alludere a una purezza incontaminata diventava simile al teatro del matrimonio, quando i parenti e gli amici gridano “bacio bacio”, e così succede, e così parte il flash. Anche quello un bacio tradito. E rubato: all’unica legittima detentrice. L’intima spontaneità.
In una recente classifica sui baci cinematografici preferiti dagli spettatori, spopolano i film classici. La corrispondenza di quanto si percepiva in sala era assai distante dalla preparazione, poiché a Hollywood vigeva il codice di autoregolamentazione Hays, il quale vietava “baci eccessivi e lascivi”, che fossero dati in posizione orizzontale e che durassero più di pochi secondi. Il bacio più lungo era necessariamente frutto di un montaggio. Dagli anni settanta in poi, i baci hanno perso importanza perché normalmente sono prodromici a un più vasto contatto carnale. Ma nei film classici, e questa è probabilmente la ragione della preferenza, essi costituivano il culmine, il massimo di quanto si sarebbe visto. Avevano però un’altra caratteristica: erano fortemente maschilisti, il più delle volte sottratti all’iniziativa della donna, a lei imposti, come nel più celebre, quello tra Clark Gable e Vivien Leigh in Via col vento. Erano un piccolo stupro, e la condiscendenza finale della donna un messaggio nemmeno tanto subliminale sulla sostanziale disponibilità femminile. Nel cinema, la donna si è emancipata da quando ha preso a spogliarsi, perché in quel caso un atteggiamento troppo esplicitamente prevaricatore sul piano sessuale da parte dell’uomo sarebbe risultato sgradevole al pubblico. Le vicende che hanno condotto al #MeToo hanno cominciato una storia nuova, che ha colpito pochi giorni fa anche la statua del bacio di Times Square, eretta in Florida ed effigiante un marinaio il cui bacio, senza consenso, a un infermiera celebrava la fine della Seconda Guerra Mondiale.
“Languida lingua / guizza sul guado / d’arso torrente / l’avida bocca / unge e s’avvinghia / celebra labbra / l’antro in cui spinge / spoglia con furia / denti depreda / celebre ladra / danza festosa / turgida sposa / poi si distacca / tuffo nell’aria / gratta nel vuoto / unghia su ghiaia”. A dimostrazione di un certo svincolarsi del bacio rispetto alla sessualità, è notorio che nessuna prostituta concede mai di baciarla in bocca. Aveva ragione Baldassar Castiglione, nel Cortegiano, a dire che “il bacio non è un preliminare aperto a voglie disoneste, ma la giuntura di un tunnel finalmente aperto al transito delle anime”? Un transito bloccato nel Wisconsin e altri stati americani dove il french hiss è vietato per legge o contingentato nei tempi. Stupidi. Ma anche quei due newyorkesi che sono entrati nel Guinness dei primati baciandosi per trentuno ore non erano questi campioni d’intelligenza.
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