Quando il mondo si ferma il linguaggio è verticale

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Come si dice in inglese aumentare? E scendere? Se volete migliorare la vostra conoscenza della lingua britannica riguardo ai sinonimi di questi verbi, vi consiglio di leggere in questi tempi gli articoli di economia, ad esempio del Guardian, del New York Times o dell’Economist, dove qualificati giornalisti e soprattutto editorialisti, per curare la forma, evitano di ripetere troppe volte la stessa parola. Increase, raise, go up, soar, escalate, grow, boost, fall, reduce, decrease, lower,drop, cut, curb… Ad esempio, negli ultimi due articoli di Krugman ho contato ogni volta quattordici verbi di salita e discesa, di aumento e riduzione. Per forza, direte voi, parlava dei tassi di interesse della FED. Vero, ma se vi spostate sui temi principali, anche al di fuori dell’economia, i risultati non sono affatto diversi. Uguale, se invece dell’inglese ne approfittate per affinare il francese e lo spagnolo, leggendo Le Monde o El Pais. E ovviamente se, privi di velleità poliglotta, leggete i commenti d’opinione dei principali giornali nazionali. Sale. Scende. Va su. Va giù. Da tre anni non c’è altra forma di descrivere, prevedere e criticare nello spazio pubblico: ricorrere a un linguaggio in cui lo spazio segue un movimento ascendente o discendente. Ciò potrebbe suggerire che si tratti di un momento della storia altamente dinamico. In realtà è l’esatto contrario.

Tutto è cominciato con la pandemia. I contagiati questa settimana sono saliti o sono scesi? La quarantena è stata aumentata o diminuita? I vaccinati questa settimana sono stati di più o di meno? Il macrotema (e macrotrauma) che è seguito è stato presto condannato alla medesima matematizzazione. Dobbiamo aumentare l’invio di armi all’Ucraina? Sarà il caso di ridurre gli stanziamenti? Il numero di militari russi impiegati è salito? E ovviamente, accantonato quanto meno temporaneamente il timore di un conflitto nucleare e cominciata l’assuefazione alle notizie dal fronte, quelle si sono poi elevate a focus della questione: aumenterà il prezzo del petrolio? Dovremo ridurre l’erogazione dell’elettricità? Di quanto è crollato l’indice di Borsa? Quanto è salita l’inflazione? Tutte queste componenti della tempesta perfetta, è ovvio, rimettono in discussione l’equilibrio ambientale, già tanto precario di suo. Da cui: di quanti gradi è aumentata la temperatura quest’anno? Dobbiamo ridurre il numero di allevamenti o piuttosto le docce in casa?

Non è ovviamente in discussione che domande come quelle che ho riportato marchino ansiosamente il nostro quotidiano, e nemmeno che tutte si proiettino significativamente sul futuro. Di fronte alle grandi problematiche, tuttavia, esistono tre atteggiamenti pratico/teoretici principali: la misurazione, la ricerca della causa e il disegno del cambiamento, o della trasformazione. Quando la misurazione è dominante il linguaggio è verticale: esiste una misura-parametro, e la descrizione o l’analisi predittiva si focalizzano sullo scostamento da essa. Accade nei periodi di prosperità o in quelli di grave crisi, cioè quando lo sfondo è uno status quo che il gruppo socialmente egemone mira a conservare, o a ripristinare se è improvvisamente franato. Perciò, le oscillazioni ascendenti e discendenti fotografano una struttura statica, e gli sforzi per tenerla in equilibrio. Il linguaggio orizzontale, al contrario, emerge quando la società è attraversata dal cambiamento, o dalla prospettiva di intraprenderlo. Allora i verbi dinamici si riconducono all’andare indietro o in avanti, al cominciare e proseguire, al correre o al rallentare, all’entrare e all’uscire.

La misurazione, che pure è presupposto necessario dell’azione sociale, tende a rendere automaticamente assodato il parametro da cui ci si discosta, e a indebolire il pensiero critico. Le crisi attuali non sono l’impazzimento contingente delle leggi biologiche, della geopolitica, dell’habitat o della finanza: tutte si legano a una profonda crisi strutturale del capitalismo nella sua forma attuale (come minimo), con i riflessi diretti che si proiettano sulle economie interne, sulla globalizzazione, sulla sovranità nazionale, sull’ambiente, sulla salute. Per misurare i vaccini e i posti letto, dimentichiamo che lo smantellamento degli ospedali ha prodotto una crisi strutturale della sanità; per misurare la crisi, traiamo previsioni positive dal contenimento della disoccupazione, passando sopra al fatto che la precarizzazione dei nuovi lavori ha generato una crisi strutturale del mercato del lavoro. Agire su una crisi strutturale come se si trattasse di una crisi contingente da riportare quantitativamente allo status quo desiderato provoca distorsioni che renderanno la crisi strutturale ancora più profonda: il ricorso al carbone al posto del gas peggiorerà l’inquinamento e il rinforzamento della posizione di Erdogan, grazie alla sua mediazione nel conflitto, puntella una fonte di instabilità che un giorno potrebbe diventare pericolosa, quanto oggi quella russa.

Ad alcuni compromessi, che nella contingenza possono essere accettabili, non vale opporre la negazione, che non è né linguaggio verticale né orizzontale ma pura stasi, senza fondamento e senza soluzione, fine dello spazio discorsivo: non esiste la pandemia, il vaccino non cura, non è stata la Russia a scatenare la guerra in Ucraina, non vi è responsabilità umana nel riscaldamento globale, non vi è un gioco di forze per lo più visibili in campo – ora contrapposte ora cooperative ora collusive – ma un’occulta cospirazione di quelli (i quali, non essendo chiaro chi siano, non vanno da nessuna parte). Se ne può accettare una quota (di compromessi) solo se si stagliano sullo sfondo di una trasformazione che rimuova le crisi strutturali. Torneremo ad avere un futuro di speranza quando al linguaggio verticale si affiancherà di nuovo il linguaggio orizzontale. Anche perché, al fondo del linguaggio verticale c’è sempre il punto massimo, e non reversibile, di discesa: il baratro.

Anche se prevale un tono leggero e una gradevole vena di humor, la documentazione è solida, gli esempi fitti e illuminanti

Corrado Augias, Il Venerdì

Un trattato, mica bruscolini. Il trattato, infatti, tipo quelli di Spinoza o di Wittgenstein, è un’opera di carattere filosofico, scientifico, letterario (...) E così è. Nel suo trattato Bassetti espone il come e perché dell’offesa.

Francesca Rigotti, Il Sole 24 ore

 

C’è un passo in cui di Bassetti dice che questo è un tema sorprendentemente poco esplorato...Non lo è più da quando c’è questo libro

La conclusione del conduttore di Fahrenheit – Tommaso Giartosio

 

Queste sono le tre ragioni per cui ci si offende:

  1. Hai detto male di me

  2. Hai violato un confine

  3. Non ti sei accorto di me come, e quanto, avresti dovuto

Dalla democrazia di Atene a quella del web, un atto di accusa verso un regime politico che non riesce più a risollevarsi e mantenere le sue promesse. Una revisione radicale dei concetti di libertà, eguaglianza e giustizia, contro ogni ipocrisia, per salvare l’ideale della democrazia mediante una serie di soluzioni rivoluzionarie senza passare per la rivoluzione. Un tentativo di riconciliare i cittadini e gli stati (entrambi oggi assai lacunosi) nel segno di una nuova democrazia partecipativa responsabile.

Intervista audio

Di |2023-01-05T19:21:53+01:0015 Luglio 2022|10, Limite di velocità|

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