Di solito dimenticare significa, al massimo, dimenticare fino a quando. Si sono incrementati i casi di genitori che hanno dimenticato i bambini piccoli in macchina. Io per non dimenticare faccio un nodo al fazzoletto, e tu? chiese un tizio al boia. Se si giudica dai testi delle canzoni dimenticare è un peccato più grave che uccidere. Un bravo e già dimenticato scrittore degli anni ottanta, Gaetano Neri, scrisse una raccolta di brevissimi racconti intitolata “Dimenticarsi della nonna” : nella storia omonima un tale si svegliava trafelato nel cuore della notte, aggredito dal rimorso della dimenticanza dell’antenata, di non esserla più andato a farle visita: ma in realtà si era dimenticato che era morta, da oltre vent’anni, e quindi poté riprendere tranquillamente il suo sonno. In un romanzo di Emilio Tadini, invece, un uomo non riusciva a dimenticare assolutamente nulla di quanto gli era accaduto, e per questo moriva, come un naufrago seppellito dall’oceano. Cose che sarebbe bene non dimenticare: le promesse a metà percorso, le premesse di un discorso, il dentifricio, la stufa accesa, i preservativi nella tasca della giacca appese su una sedia di casa (a un fedifrago di mia conoscenza era capitato. Ma non usati, eh?), gli insegnamenti della storia, certi proverbi, di guidare sulla corsia di sinistra appena noleggiata la macchina a Brighton, l’odore del prato bagnato, che era capitato anche a voi uguale e quindi adesso è inutile che fate quella scenata a vostro figlio, la risata più gioiosa e il pianto più amaro, il riflesso del sole sul lago ghiacciato, la terza carezza di vostra mamma perché le prime due potevate pensare fossero arrivate per caso, la stanza di Rothko alla Tate Modern, il profumo delle sfogliatelle in via Toledo, il giorno dell’anniversario, chi cazzo è quello che avete incontrato per strada e adesso vi stringe la mano con calore e vi chiede come state, i pantaloni in tintoria, la prima volta che lo specchio ha guardato voi, una vittoria sportiva, dove abbiamo parcheggiato l’auto, di dirglielo di dirglielo prima di morire!, la propria dignità. Una definizione della cultura: quel che rimane quando si è dimenticato tutto. Nietzsche ha scritto che l’esistenza del dimenticare non è stata dimostrata, sappiamo solo che certe cose non tornano in mente quando le desideriamo. Raccontare qualcosa che tutti vogliono dimenticare, come il personaggio di Eduardo De Filippo che tornava dalla guerra in Napoli milionaria, è una forma di insistenza o di resistenza? E cos’è che stavo dicendo, che mi è passato di mente? Le memorie di gioventù, che avevamo cancellato, si vendicano riaffiorando a distanza, quando non abbiamo più nessuna possibilità di restituire loro un minimo di attualità. La British Arways ha diffuso un elenco delle cose più strane dimenticate nei suoi aerei: figurano nella lista un massaggiatore a infrarossi, un contenitore per dentiera e un elmetto. La rimozione è una forma contundente di dimenticanza. Però quando si è innamorati ogni tanto è d’obbligo dimenticare per riprovare lo stupore della scoperta. Cose che sarebbe meglio dimenticare: le offese ricevute da chi non merita la nostra attenzione oppure è più alto di un metro e novanta, qualche volta l’indirizzo dell’ufficio, le controindicazioni dei bugiardini, il mal di schiena, i conti dello stato. Dimenticatemi, vi prego. Ma senza tutta questa fretta.
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