Ci fu un periodo nel mondo in cui la gente dovette rimanere a casa, anche nei giorni di festa, perché c’era un virus antipatico che occupava tutta la strada. Si poteva anche uscire ogni tanto, ma molto velocemente per non farsi notare dal virus e con una mascherina sulla faccia per non cadere nella trappola se quello li avesse fermati, ad esempio chiedendogli l’ora, con il solo scopo di fargli aprire la bocca e infilarcisi svelto. Visto che abbiamo fatto l’esempio dell’ora, devo dire che agli umani, sì, dispiaceva questa situazione, ma c’era qualcuno a cui veramente dava un fastidio esagerato: mi riferisco agli orologi, che assunsero un aspetto trasandato. Se ci pensate bene non vi sembrerà strano. Quel che tiene in esercizio gli orologi è proprio il fatto che noi abbiamo degli impegni. Il caso eclatante è quello delle sveglie, che non avrebbero ragione di esistere se non ci fosse le necessità di buttare giù dal letto le persone che non vogliono fare tardi in ufficio o i bambini che non desiderano una nota sul registro scolastico. Ma sono tutti gli orologi, da polso, parete o taschino, a prosperare sulle attività dei loro padroni. Sai quanto si annoierebbe Ambrolorogio se Camilla, la bambina che lo ha avuto in regalo per la sua comunione, non dovesse correre da scuola alla palestra di danza, per arrivare trafelata alle quattro meno cinque, e poi al corso di inglese, alle sei e un quarto, e infine alla ripetizione di matematica alle sette e dieci. A dirla tutta, così la vita è stressante: Ambrolorogio trova incredibile che Camilla non abbia tempo di perdere tempo, e si domanda che razza di vita farà da grande. Ma adesso eravamo passati all’eccesso opposto. La tesi di Pendolo, che non era uno dei sette nani bensì il grande orologio che muoveva le sue lancettone nel salotto di casa Frettini, è che con questa storia che si rimaneva a casa anche per lavorare, fare la spesa e andare al ristorante, gli umani stavano facendo un dispetto agli orologi, visto che non faceva nessuna differenza che fossero le nove o le dieci e che non c’era nessuna meta lontana da raggiungere in quindici minuti. E’ per questa ragione che gli orologi presero a comportarsi con sciatteria e negligenza, dormendo anch’essi fino a tardi o perdendo il conto delle ore. Pensate che in Italia arrivava in ritardo persino il capo del governo quando doveva andare a parlare in televisione per comunicare delle decisioni importanti. Alcuni dicevano che non era una buona regola di educazione, ma la verità è che i suoi orologi si dimenticavano di avvertirlo oppure piazzavano le lancette in posizioni che non c’entravano niente con l’ora e rispondevano esclusivamente al loro senso estetico. “Ho sempre sognato di rimanere ferma metà giornata sulle tre e quarantacinque. Guardate che bella spaccata” diceva ad esempio Burlova, che poteva finalmente realizzare il suo sogno di trasformarsi in un’allegra ballerina russa. La goccia che fece traboccare il vaso, però, fu la decisione degli umani di passare nelle loro case anche il lungo periodo festivo natalizio e di inizio anno, quello in cui gli orologi di solito entravano in fibrillazione perché la gente si scapicollava per salire sul treno all’ultimo minuto, mettere il piede sulla scaletta dell’aereo quando il pilota aveva già intrapreso il decollo o bussare il campanello degli zii per il cenone un attimo prima che quelli si offendessero e cominciassero a mangiare da soli le lenticchie e il cotechino. Quell’anno gli uomini ciondolavano sbadigliando per le case senza degnare di uno sguardo il proprio orologio, e se una sveglia suonava la zittivano e si giravano dall’altro lato del letto: “Lasciami stare, voglio dormire ancora qualche settimana”. Molti orologi si sentirono disperati e commisero gesti autolesionistici. Quelli d’oro strisciavano fino ai balconi sperando di essere rubati dalle gazze. Gli orologi di parete si staccavano dal muro, e cadendo facevano un rumore sordo simile a un rintocco, tanto che chi era in casa esclamava: “Ah, già le sette!”. Quelli più antichi cessavano di ticchettare. Alla fine decisero di inscenare una protesta plateale, uno sciopero nel momento in cui gli uomini avrebbero di nuovo avuto bisogno di loro. Ambrolorogio, che assunse la direzione della rivolta, proclamò: “Quando starà per arrivare la mezzanotte che segnerà la fine dell’anno ci fermeremo a tempo indeterminato”. Tutti decisero di aderire. C’era un problema in teoria, e cioè che gli smartphone erano ormai dei concorrenti, tanto che molti umani, specialmente i più giovani, avevano rinunciato a portare un orologio sul polso. Persuaderli a solidarizzare con gli orologi era fuori discussione, e tuttavia gli smartphone avevano un punto debole, specialmente da quando giravano in coppia con gli assistenti vocali. Non erano servizievoli come gli orologi, e quando si accorgevano che qualcuno voleva vedere l’ora cercavano di distrarlo, ad esempio dicendo: “Ciao, ti serve qualcosa? Posso esserti utile?” e se uno rispondeva: “Si, grazie, vorrei sapere che ore sono” svicolavano dall’argomento per fargli fare quel che veniva comodo a loro: “Che t’importa dell’ora! Guarda questo bel video di pubblicità” oppure “Non vorresti fare un giretto su Amazon, così fai guadagnare qualche soldino al signor Jeff Bezos, che è povero e così sciupato?” o anche “Mmh, fammi sentire, come mai ti interessa tanto sapere che ore sono? Che cosa avresti da fare? Vorrei prenderne nota. Non per spiare, eh? Per amicizia”. E riuscivano sempre a infinocchiarli.
E così alla mezzanotte meno uno del 31 dicembre 2020, quando tutti erano lì pronti per stappare lo spumante e darsi il bacio benaugurale di buon anno, gli orologi si bloccarono di colpo. “Mamma mia, è proprio un anno terribile. Il tempo non passa mai” commentavano gli umani. Dopo dieci minuti era ancora mezzanotte meno uno, e gli umani cominciarono a piagnucolare: “E’ stato un brutto anno, e adesso non vuole neppure andarsene. Vorremmo tanto che finisse”. Gli orologi si mossero a pietà, e a un ticchettio d’intesa di Ambrolorogio avanzarono velocissimi i cristalli liquidi e le lancette. Gli umani erano molto grati: “Per fortuna ci avete salvato, orologi, abbiamo sbagliato a trascurarvi in questo periodo. Però certe volte siete stati antipatici anche voi. Le ore in ufficio le fate passare troppo lentamente, e quando siamo mano nella mano con la persona a cui vogliamo bene fate una corsa come se doveste prendere l’autobus”. Gli orologi ammisero di essere stati troppo rigidi, e da quel giorno accettarono di far durare molto di più le cose divertenti. Questa fiaba pensate di averla letta o ascoltata per una decina di minuti, ma in realtà sono passate almeno tredici ore.
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