Ricorre in questi giorni il trentennale della caduta del Muro. Nel 1961 però, appena chiuso il confine, un uomo si pose subito il problema di come attraversarlo. E non un uomo qualunque.
Se un berlinese la notte del 12 agosto 1961 era andato a dormire nella parte est della città, non avrebbe più varcato il confine (se non in casi eccezionali) per quasi trent’anni, né rivisto gli amori che si erano svegliati al mattino del 13 agosto nella parte ovest.
Se un berlinese abitava a Bernauer Strasse la sua casa era a Berlino Est ma il piede che posava fuori dall’uscio era a Berlino Ovest, perché Bernauer Strasse era esattamente sul confine.
E così a quelle case murarono i portoni, e i berlinesi di Bernauer Strasse si buttarono dalle finestre, e se non fosse stato per i materassi che mettevano i vicini ne sarebbero morti di più, ma se a un certo punto non avessero smesso, loro di buttarsi e i vicini di mettere materassi, la polizia avrebbe arrestato tutti.
Se qualcuno avesse varcato il confine che lui presidiava a Bernauer Strasse, il giovane sottufficiale Conrad Schuman doveva sparare, come ogni guardia di confine, era questo l’ordine dal 13 agosto, e il 15 Conrad Schuman era lì che ci rimuginava e camminava avanti e indietro.
Se fosse trascorso ancora qualche giorno le ruspe avrebbero finito di costruire il muro, e quindi non si poteva aspettare, e Conrad Schuman prese la rincorsa in uniforme, e con elmo, stivaloni, fucile a tracolla, saltò il filo spinato che gli arrivava al ginocchio e si lanciò nel portellone della camionetta aperta e ferma lì, a pochi metri, a Berlino Ovest.
Se mi apposto dall’altro lato del muro in questi giorni, aveva pensato il fotografo Peter Leibnig, sicuramente potrò scattare qualche foto interessante, ma non osava immaginare che si sarebbe trovato in corrispondenza di quel balzo, simile a quello dei cavalli che aveva ripreso tante volte.
Se si preme solo nel momento dell’azione, cioè quando il cavallo supera l’ostacolo, è troppo tardi per uno scatto pulito, spiegò Leibnig in una delle interviste all’autore della foto che sarebbe diventata l’icona della Guerra Fredda, il soldato Conrad Schuman che salta sul filo spinato verso il mondo libero.
Se non si fosse consegnato all’anonimato dei lavori umili, ironia della sorte anche il muratore, la Stasi avrebbe fatto certo uccidere Schuman da qualche agente in missione. Se non fossero costretti dalla Stasi, si consolava Schuman quando non era intontito dall’alcool, mia madre e i miei fratelli non mi scriverebbero quelle cose tremende, e non mi chiamerebbero traditore, ma quando cercò di incontrarli a riunificazione avvenuta, quelli non vollero saperne, e Schuman scoprì che lo odiavano sul serio.
Se non puoi chiarirti per trent’anni la comunicazione è morta e non puoi riparare, ma forse nemmeno se non puoi chiarirti in dieci minuti, e così Conrad Schuman, dopo una lite con la moglie, decise di prendere la corda per appendersi a un albero e fu più facile, non c’era nemmeno da saltare.
Se oggi andate da turisti al Check-point Charlie i figuranti vestiti da soldati dell’Armata Rossa o da marines vi propongono di farvi fotografare con loro.
Scrivi un commento