Tra i requisiti per combattere in duello, oltre alla parità di lignaggio (e quindi esclusione di chi lignaggio ne possedeva punto), di particolare interesse ve ne era un altro: che la vertenza attenesse alle qualità strettamente personali e non scivolasse in un contenzioso di natura patrimoniale. Sarà stato, insomma, uno stadio imperfetto della cultura civile, ma noi che tale lo giudichiamo viviamo sotto leggi che, a certe condizioni, considerano legittima difesa sparare addosso a un ladro che sta estraendo l’autoradio da una macchina. Lo stesso tasto del vile denaro veniva battuto denigrando il diritto dei giuristi e le sue contabilizzazioni. Il duello era difeso in nome del diritto all’onore e, per osmosi, del diritto alla vita, posto che una vita disonorata non valeva la pena di essere vissuta. A parte la non lieve sfumatura di classe, le argomentazioni a favore dell’onore sono pressoché identiche a quelle che oggi vengono portare a favore della dignità.
In una dotta conversazione tra Samuel Johnson e James Boswell, nel 1772, durante una cena a casa di amici, Johnson, pur non simpatizzando con i principi morali che ratificavano il duello, ammetteva che, più acquistano in signorilità…
Brano estratto dal paragrafo “La reazione all’offesa”, nel capitolo 5, “Cosa è in gioco nell’offendersi”.
Scrivi un commento