Questa sezione raccoglie in primo luogo le “aperture” del sito che sono quasi sempre progetti a partecipazione collettiva esterna. Trovate inoltre le auto-presentazioni di altri siti web (oppure dei post trasposti dai medesimi). Sono quelli che, ritenendoli per qualche ragione interessanti, ho contattato con una proposta: scambiarsi uno spazio per una settimana, con la dichiarata utilità di farci conoscere dai reciproci pubblici e il più largo proposito di indirizzare i navigatori del web verso promotori culturali. Infine, può capitare di trovare in Open Space qualche intervento esterno non inquadrabile in altre sezioni e che però mi intrigava ospitare.
“Proteggere i morti”, estratto da “La provincia del’uomo”, di Elias Canetti
Libri usati
O che si dovrebbero usare. Brevi passi da sottolineare, a volte da percorrere.
Alcuni trovano che ciò che fanno le religioni è utile. È vero, attenuano la terribile durezza della separazione
e suscitano speranza nei meno colpiti, in quelli cioè che rimangono in vita. Il loro peccato principale però è
contro i defunti, dei quali dispongono come se avessero un diritto su di loro e una qualche conoscenza del
loro destino. A me va bene ogni finzione che migliori i vivi nei loro rapporti reciproci. Ma le affermazioni sui
morti totalmente scomparsi mi sembrano avventate e senza scrupoli. Accettando una qualsiasi cosa che
viene asserita su di loro, al tempo stesso li si abbandona ed essi non possono difendersi in alcun modo.
L’inermità dei morti la cosa più inconcepibile. Io amo troppo i miei morti per piazzarli in qualche posto
(trovo già degradante che li si rinchiuda e li si seppellisca). Io non so niente di loro, proprio niente, e sono
deciso a continuare ad amarli nella piena angoscia di questa incertezza.
“Proteggere i morti”, estratto da “La provincia dell’uomo”, di Elias Canetti
Libri usati
O che si dovrebbero usare. Brevi passi da sottolineare, a volte da percorrere.
Alcuni trovano che ciò che fanno le religioni è utile. È vero, attenuano la terribile durezza della separazione
e suscitano speranza nei meno colpiti, in quelli cioè che rimangono in vita. Il loro peccato principale però è
contro i defunti, dei quali dispongono come se avessero un diritto su di loro e una qualche conoscenza del
loro destino. A me va bene ogni finzione che migliori i vivi nei loro rapporti reciproci. Ma le affermazioni sui
morti totalmente scomparsi mi sembrano avventate e senza scrupoli. Accettando una qualsiasi cosa che
viene asserita su di loro, al tempo stesso li si abbandona ed essi non possono difendersi in alcun modo.
L’inermità dei morti la cosa più inconcepibile. Io amo troppo i miei morti per piazzarli in qualche posto
(trovo già degradante che li si rinchiuda e li si seppellisca). Io non so niente di loro, proprio niente, e sono
deciso a continuare ad amarli nella piena angoscia di questa incertezza.
“Ingannarsi è naturale” Blaise Pascal, estratto da “Pensieri”
Libri usati
O che si dovrebbero usare. Brevi passi da sottolineare, a volte da percorrere.
L’intelletto è per natura proclive a credere e la volontà ad amare; sicché in mancanza di oggetti veri, è forza che si volgano a quelli falsi.
Il signor di Gouffier mi diceva: “Le ragioni mi vengono in mente dopo: sulle prime, una cosa mi piace o mi spiace senza che ne sappia il motivo; eppure, mi spiace per il motivo che scopro più tardi”. Ma io credo che non la cosa spiaccia per le ragioni che si trovano in un secondo tempo, bensì che queste ragioni vengano trovate perché la cosa spiace.
Com’è difficile proporre una cosa al giudizio di un altro senza corromperlo con la maniera stessa di proporgliela! Se si dice “A me par bella, mi sembra oscura” o simili si trascina l’immaginazione dell’interlocutore verso quest’apprezzamento oppure la si spinge verso quello contrario. Meglio non dir nulla: allora esso giudicherà da sé, vale a dire secondo quel che sarà in un dato momento e secondo l’influsso che su di lui avranno tutte le altre circostanze, non dipendenti da lui. Ma, per lo meno, non avremmo influito in nessun modo su di lui: salvo che il nostro stesso silenzio non faccia anch’esso il suo effetto, secondo il senso e l’interpretazione che a costui piacerà attribuirgli o secondo le congetture, se è fisionomista, non mancherà di tratte dai movimenti e dall’espressione del nostro volto o dal tono della nostra voce: tanto è difficile non smuovere da un giudizio dalla sua posizione naturale o, per meglio dire, tanto poche ne ha di ferme e stabili!
Tutto il nostro ragionare si riduce a cedere al sentimento.