Libri usati
O che si dovrebbero usare. Brevi passi da sottolineare, a volte da percorrere.
Nelle fasi primitive della civiltà una gran parte della vita sociale si esprimeva in forma di gioco, e cioè in una temporanea limitazione dell’umana condotta secondo norme liberamente riconosciute. Una rappresentazione stilizzata sostituisce di tanto in tanto l’aspirazione all’utile o all’appagamento (…).
Il carattere essenziale che vale per ogni gioco – sia esso culto, rappresentazione, gara o sagra – sta in ciò, che a un determinato istante esso finisce. Gli spettatori vanno a casa, gli attori depongono la maschera, la rappresentazione è finita. Ed ecco rivelarsi a questo punto la menzogna del nostro tempo: il gioco in certi casi non finisce mai, non è dunque un vero gioco. È avvenuta una vasta contaminazione di gioco e di serietà: le due sfere si confondono. Negli spettacoli che vogliono passare per seri c’è, nascosto e insidioso, un elemento di gioco. Il sedicente gioco, data l’eccessiva organizzazione tecnica e l’importanza cui assurge agli occhi di tutti, non può più affermarsi schiettamente come gioco, ha perduto i caratteri indispensabili di rapimento, di naturalezza, di giocondità. (…)
In infiniti uomini colti o incolti l’atteggiamento di gioco di fronte alla vita, che è proprio del fanciullo, diventa permanente. È uno stato d’animo universale che si potrebbe chiamare di permanente pubertà. Esso si distingue per una mancanza di sensibilità rispetto a quello che è conveniente e umano, per una mancanza di dignità personale, di rispetto verso gli altri e le altrui opinioni, per un’eccessiva concentrazione nella propria personalità. L’universale indebolimento del giudizio e della critica crea il suolo propizio a questa condizione. La massa si trova a suo perfetto agio in uno stato di semilibera esaltazione.
Meraviglia e preoccupa che il formarsi di un tale stato d’animo non solo sia preparato dallo scarso bisogno di giudizio personale, dall’azione livellatrice dell’organizzazione a gruppi, la quale fornisce un corredo di opinioni belle e pronte, dalla distrazione varia e superficiale messa continuamente alla nostra portata, ma venga provocato ed alimentato anche dal prodigioso sviluppo della tecnica.
Johan Huizinga, La crisi della civiltà, 1937
Foto tratta da pinkblog
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