Questa sezione raccoglie in primo luogo le “aperture” del sito che sono quasi sempre progetti a partecipazione collettiva esterna. Trovate inoltre le auto-presentazioni di altri siti web (oppure dei post trasposti dai medesimi). Sono quelli che, ritenendoli per qualche ragione interessanti, ho contattato con una proposta: scambiarsi uno spazio per una settimana, con la dichiarata utilità di farci conoscere dai reciproci pubblici e il più largo proposito di indirizzare i navigatori del web verso promotori culturali. Infine, può capitare di trovare in Open Space qualche intervento esterno non inquadrabile in altre sezioni e che però mi intrigava ospitare.
“Sguardi sul mondo attuale”, estratto da Paul Valery
Libri usati
O che si dovrebbero usare. Brevi passi da sottolineare, a volte da percorrere.
Sfortunatamente per il genere umano, è nella natura delle cose che i rapporti tra i popoli abbiano sempre inizio attraverso un contatto tra gli individui meno adatti a ricercare le radici comuni e a scoprire, prima di ogni altra cosa, la corrispondenza delle sensibilità. I popoli entrano inizialmente in contatto attraverso i loro uomini più duri, più avidi, oppure attraverso quelli più determinati a imporre le proprie dottrine e a dare senza ricevere, cosa che li distingue dai primi. Gli uni e gli altri non mirano assolutamente alla parità degli scambi e il loro ruolo non consiste neppure in minima parte nel rispettare la pace, la libertà, i beni o le credenze altrui. La loro energia, le loro capacità, le loro facoltà intellettuali, la loro abnegazione sono tutte volte a creare e sfruttare l’ineguaglianza. Essi si consumano e spesso si sacrificano nell’impresa di fare agli altri quello che non vorrebbero fosse fatto a loro. Ora, bisogna necessariamente disprezzare gli altri, a volte senza averne consapevolezza e anzi con la coscienza tranquilla, per impegnarsi a sottometterli o irretirli. All’inizio è il disprezzo: nessuna reciprocità si stabilisce in modo più naturale e rapido.
J.W. Goethe, estratto da “I dolori del giovane Werther”
Libri usati
O che si dovrebbero usare. Brevi passi da sottolineare, a volte da percorrere.
Che la vita dell’uomo sia soltanto un sogno, è impressione di molti, e anch’io lo penso continuamente. Quando vedo i limiti cui sono costrette le forze vitali e creative dell’uomo; quando osservo che tutta la nostra attività si esaurisce spesso nella soddisfazione di bisogni che hanno solo il fine di prolungare la nostra povera esistenza, e che risolviamo certe grandi questioni con trasognata rassegnazione, che in realtà non facciamo altro che dipingere figure colorate e luminosi orizzonti sulle parti tra le quali siamo prigionieri. Tutto questo mi rende muto. Così succede che mi ripiego su me stesso e scopro tutto un mondo! Più un presagio e un desiderio oscuro, che una forza vera e viva. Allora tutto si confonde davanti ai miei sensi e guardo il mondo ridendo e sognando. Che i ragazzi non sanno ciò che vogliono è opinione concorde di tutti i sapientissimi maestri e precettori. Che però anche gli adulti brancolino su questa terra senza sapere da che parte vengono e dove vanno, e che ugualmente agiscano senza una meta e si lascino guidare a forza di zuccherini, dolci, e frustate, ecco, questo non lo vuole ammettere nessuno, anche se mi sembra così evidente che si tocca con mano.
In guerra. Estratto da “La montagna incantata” di Thomas Mann
Libri usati
O che si dovrebbero usare. Brevi passi da sottolineare, a volte da percorrere.
Devono passare, i tremila ragazzi febbricitanti, sono di rinforzo, con le loro baionette devono decidere le sorti dell’assalto alle trincee davanti e dietro la linea dei colli e ai villaggi in fiamme, appoggiare l’avanzata fino a un determinato punto, indicato nell’ordine che il loro comandante tiene in tasca. Sono tremila, affinché rimangano in duemila quando saranno presso i colli e villaggi; questo è il significato del loro numero. Essi sono un corpo predisposto, anche dopo gravi perdite, ad agire e vincere e a poter salutare la vittoria, ancora con urrà di migliaia di voci senza tener conto di quelli che si sono appartanti cadendo. Parecchi si sono già separati, sono caduti durante la marcia forzata, per la quale si sono dimostrati troppo giovani e fragili. Si fecero sempre più pallidi, barcollanti, vollero fare ancora uno sforzo ostinato, ma finirono col restare indietro. Si trascinarono ancora un tratto a fianco della colonna in marcia e poi scomparvero dove non era bello giacere. Era giunto il bosco straziato. Ma i giovani che sbucano in ordine sparso sono ancora numerosi; tremila possono reggere a un salasso e ciò nonostante rimangono un’unità formicolante. Già allargano la nostra zona molle battuta, la strada, la viottola di campagna, i campi limacciosi (…). essi avanzano a precipizio, come vien viene, con grida scomposte, coi piedi pesanti come in un sogno tormentoso, perché le zolle del campo si attaccano plumbee ai goffi stivali. Si buttano a terra all’urlo dei proiettili in arrivo, per poi rialzarsi e correre avanti, con esclamazioni di giovanile coraggio, perché non sono stati colpiti. Vengono colpiti, cadono agitano le braccia, con uno sparo in fronte, nel cuore, nelle viscere. Giacciono col viso nel fango, non si muovono più. Giacciono, la schiena sollevata dallo zaino, la nuca affondata nel terreno, e adunghiano l’aria. Ma il bosco ne manda degli altri, che si buttano a terra e saltano e muti o urlanti procedono incespicando tra i caduti.
Contro i sedentari. Estratto da “Camminare” di Thoreau
Libri usati
O che si dovrebbero usare. Brevi passi da sottolineare, a volte da percorrere.
Io, che non riesco a rimanere nella mia stanza neppure un giorno senza ricoprirmi di ruggine, quando mi accade di poter predisporre la mia passeggiata soltanto alle undici, o alle quattro del pomeriggio, troppo tardi per riscattare quel giorno, nell’ora in cui le ombre notturne iniziano a fondersi con la luce del giorno, sento di aver commesso un peccato che devo espiare, e confesso che mi stupisce sempre la grande capacità di resistenza, l’insensibilità morale, per meglio dire, dei miei vicini, tutto il giorno reclusi, per settimane, per mesi e per anni, in botteghe e in uffici, come se ne facessero parte. Non so di che stoffa siano fatti, là seduti alle tre del pomeriggio, come se fossero le tre del mattino. Bonaparte parla del coraggio delle tre del mattino, ma esso non è nulla in confronto al coraggio che alle tre del pomeriggio si accampa con allegria e decisione dinanzi alla nostra volontà, che pure abbiamo tenuto a bada per tutta la mattina, prendendo per fame una guarnigione alla quale siamo legati da così forti vincoli di simpatia. Mi sorprende che all’incirca a quest’ora, o diciamo tra le quattro e le cinque del pomeriggio, troppo tardi per i giornali del mattino e troppo presto per quelli della sera, non si avverta per le strade un’esplosione generale che disperda ai quattro venti, per una boccata d’aria, una moltitudine di idee stantie e di fantasie coltivate tra quattro mura; in tal modo il male porrebbe rimedio a se stesso.