David Grossman, in un ricordo di Amos Oz, qualifica l’idolatria e la demonizzazione che accompagnarono lo scrittore come paritetiche forme di disumanizzazione. A pensarci, in effetti, sostituire la specificità di un individuo con le proprie fobie e insicurezze è una pratica violenta di etichettamento che viola la verginità dello sguardo e la ragione stessa del giudizio.
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