Sul programma presentato dalla destra italiana l’osservazione più ricorrente è che sia economicamente irrealizzabile. Ha anche altre caratteristiche: secondo me una certa coerenza interna nel messaggio complessivo e una franca propensione a far leva sugli istinti più ferini dal punto di vista sociale (si vedano la parte sull’immigrazione o quella sulla tracciabilità dei pagamenti). Se devo dire, però, mi colpisce il fatto che vengano presentati come popolari (e soprattutto accettati come tali) provvedimenti che chiaramente sono sconvenienti per la gran parte della popolazione. Spicca tra questi l’abrogazione di ogni imposta di successione, considerando che, tra franchigie e aliquote, siamo già il paese al mondo più generoso al riguardo, quasi un paradiso fiscale. Basti dire che per la stessa successione di un milione di euro può capitare che un francese ne paghi 260.000 di imposte, un inglese 200.000, un americano qualcosa in più e un italiano zero. Capisco che chi abbia grandi patrimoni auspichi di vedere ancora migliorata la sua posizione, ma mi risulta incomprensibile dell’effetto rasserenante (assicuro, palpabile) che fa su tutti gli altri, che già non le pagano adesso. E ritrovo in questa schietta adesione ad interessi altrui (i più poveri verso quelli dei più ricchi) quel che già fu la cifra della prima epoca di Berlusconi e che fu sociologicamente più impressionante del conflitto (di interessi).
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