L’estate, che si avvia a conclusione, ci ha puntualmente consegnato- con le sue finestre aperte, le spiagge, le barche nei porti, le campagne poco popolate ma a portata di decibel
– quell’atto socialmente prevaricatore che è l’occupazione dello spazio sonoro pubblico o privato altrui. A un certo punto c’è sempre qualcuno che è come dicesse: “Questo lo sento io e adesso lo senti pure tu!”. Naturalmente non lo dice, perché non udirebbe la sua stessa voce. Nella deriva strafottente della nostra convivenza ci sono alcuni piccoli naufragi quotidiani che andrebbero ricondotti a riva, almeno per cominciare. Questo è uno.
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