Ci sono poche cose più spregevoli della violenza su una donna, ma pure poche tanto importanti quanto la presunzione di innocenza sino a prova contraria e la prescrizione,
anche morale,delle stronzate che una persona di cinquant’anni ha commesso quando era al liceo. Kavanaugh, le sue idee, il suo modo di porsi, non ispirano né fiducia né simpatia, ma qui sono in gioco questioni vitali. Primo: può sembrare che quanto più è potente il maschio (forse) colpevole tanto più valga la pena di sputtanarlo, e invece quanto più alta è l’esposizione politica tanto più è elevato il rischio che la richiesta di cancellarlo dalla comunità sia rubricata come strumentalizzazione politica, con grave danno per il movimento femminile (e per tutte le donne che sono state invece offese da un personaggio irrilevante, che rischiano di essere trascinate nella medesima perdita di credibilità). Secondo: la denuncia della sopraffazione sessista non è una battaglia qualsiasi ma la pietra angolare di una società nuova, e non può dunque appoggiarsi su procedure di stampo stalinista. Se poi ho torto io, mi aspetto da questa settimana fiumane di gente fuori dallo stadio della Juventus a esigere l’esclusione dalla squadra di Cristiano Ronaldo. Mi rendo conto che la Juventus non è esattamente la Corte Suprema degli Stati Uniti: ma se il tema impone di far saltare tutte le regole, e quindi accoglie con favore anche il principio “colpirne uno per educarne cento”, Ronaldo val ben più di Kavanaugh. Volendo escludere che i miliardi in ballo siano un discrimine persino in questo settore.
Scrivi un commento