Molte delle violenze che vengono filmate, vengono commesse solo per essere filmate: non dico solo quelle dei terroristi, mi riferisco anche alle persone comuni. I grandi scrittori riescono sempre a ricordarci quanto ciò che ci sembra nuovo e contingente sia in qualche esistito in un passato lontano, pur in una forma diversa.
Mi è capitato così, nel rileggere alcune pagine de “La lentezza” di Milan Kundera di trovare queste righe:
“La forma epistolare delle “Relazioni pericolose” di Laclos ci dice che tutto quanto i personaggi hanno vissuto l’hanno vissuto solo per raccontarlo, trasmetterlo, confessarlo, comunicarlo, scriverlo. In un mondo come questo, dove tutto si racconta, l’arma di più facile uso, e insieme la più letale, è la divulgazione. Valmont scrive alla donna una lettera di rottura che le darà un colpo mortale, ma questa lettera gli è stata dettata parola per parola dalla sua amica, la marchesa di Merteuil. In seguito, per vendicarsi la stessa Mereteuil fa leggere una lettera confidenziale di Valmont a colui che ne è il rivale. Da ciò nascerà il duello nel quale Valmont soccomberà. Dopo la sua morte la corrispondenza intima tra lui e madame de Merteuil verrà divulgata e la marchesa, braccata e messa al bando, finirà la sua vita nel disprezzo generale. In questo romanzo niente rimane un segreto esclusivo tra due esseri. Tutti sembrano vivere all’interno di un’immensa conchiglia sonora in cui ogni parola, anche solo sussurrata, rimbomba amplificata, in molteplici e interminabili echi (…) E’ questo il settecento? O l’uomo vive da sempre in una conchiglia sonora?”.
Eppure Facebook e Youtube non li conosceva Laclos e all’epoca de “La lentezza” neppure Kundera! (a voler cercare il pelo nell’uovo oggi parleremmo di conchiglia visiva).
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