Come reagireste se mentre contemplate le piante in un giardino pubblico si sovrapponesse ad esse la vista dell’autostrada che qualche demonio proietta loro addosso? O se il morbido pelo del gatto che state accarezzando risultasse d’improvviso ruvido, perché qualcuno vi ha trasportato addosso la tattilità della plastica che sta maneggiando nei dintorni? Per il momento non è tecnicamente possibile ma col tempo si vedrà. Siccome però siamo sempre nel campo delle percezioni sensoriali, è sbalorditivo constatare come stia diventando la normalità che, nelle città, i locali serali possano stabilire quale musica debba ascoltare chi è seduto a un altro locale, cento metri più in là, sparando il volume che era concesso giusto alle discoteche insonorizzate con gli altoparlanti messi su strada o alle feste di piazza. Non c’entra niente con la movida o con il chiasso che scappa di mano ai gruppi, e nemmeno con l’educazione di vicinato. E’ una forma di appropriazione dello spazio pubblico del tutto simile all’ingombro fisico e che dovrebbe determinare la revoca della licenza alla seconda infrazione. Che senso ha parlare di senso della comunità, e poi tollerare questo?
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