Sulla scrittura
Incredibile: i quotidiani nipponici pubblicano pagine di poesie. Perfino dei senzatetto
Su questo wrog non prevedo di pubblicare spesso testi giù usciti altrove. Ma in certi casi sarebbe un crimine non contribuire alla divulgazione. Ecco dunque, tradotto e con qualche taglio, l’articolo che Philippe Pons, corrispondente di Le Monde da Tokyo, ha scritto sabato 7 gennaio scorso.
Ogni anno a gennaio nel palazzo imperiale di Tokyo si tiene la “prima manifestazione poetica” dell’anno. Questa cerimonia plurimillenaria, durante la quale vengono lette poesie composte da membri della famiglia imperiale o inviate da cittadini, e il cui tema è stato scelto dall’imperatore, testimonia la perennità del genere poetico più prestigioso, il waka, che risale al VII secolo. È da un waka che sono tratte le parole dell’inno nazionale nipponico.
Nonostante la sua relazione stretta con la famiglia imperiale, la poesia in Giappone non è un’arte elitaria. Nel corso dei secoli, la sua pratica si è diffusa fra la popolazione, e gode ancora di un vasto bacino di lettori. Milioni di amatori compongono: degli haiku, genere la cui notorietà ormai è mondiale, e dei tanka, altra espressione poetica breve (31 sillabe disposte in successione ritmica, senza rime), versione rinnovata alla fine del XIX secolo dal waka classico. Persino nei quartieri molto popolari, come Sanya, a Tokyo, o Kamagasaki, a Osaka, ci sono dei piccoli club di poesia.
Ogni settimana, i grandi quotidiani (compresi Akaharam l’organo del Partito Comunista, o NihonKeizai, il quotidiano finanziario) pubblicano una mezza pagina di poesia. […] Oggi, i lettori di quotidiani inviano ogni settimana da 5000 a 6000 haiku e 3000 tanka. […]
Democrazia poetica
Questi versi evocano l’emozione che suscita un momento, un incontro, un luogo celebre, dei problemi sociali (precarietà, morte in solitudine) o anche una catastrofe – come un terremoto seguito da uno tzunami o la catastrofe nucleare dell’11 marzo 2011. Si riferiscono anche all’attualità: riforma costituzionale, elezione di Trump… […] Per i suoi milioni di poeti amatori, il Giappone è una sorta di democrazia poetica. “le pagine di poesia dei giornali sono uno spazio di condivisione tra persone che non si conoscono ma che, toccate dalla lettura di una poesia, prendono talvolta contatto con l’autore” spiega KentaroIsomura, responsabile delle pagine poesia di Asahi. […]
Il Giappone è uno dei rari paesi moderni dove una raccolta di poesia può essere un successo in libreria e i poeti diventare dei personaggi mediatici. […]
Qualunque sia il giudizio letterario su queste opere dal successo folgorante, denotano una ricettività particolare all’espressione poetica: da divertimento della società aristocratica, biglietto galante, lettera di felicitazione o condoglianze in versi, fino all’ascesi poetica come via verso la salvezza buddista, la poesia è sempre stata in Giappone uno strumento di comunicazione pubblico o privato. […]
Il successo della poesia nel Giappone moderno dipende anche dalla sua capacità di coincidere coi tormenti dell’epoca. […]
Le pagine di poesia dei giornali tentano talvolta delle esperienze estreme: nel 1963, i versi di un condannato a morte, AkitoShima, in attesa della mattina fatidica, pubblicati dal quotidiano Mainichi, furono apprezzati dai critici. E, nel 2008, Asahi fece uscire per diversi mesi le poesie inviate da un senzatetto anonimo che descriveva la vita del “popolo in basso”. Un giorno, smise di inviare le sue opere.
Emozioni passeggere o stagionali, meraviglia del quotidiano, grandezza del presente, incontri inopinati, compassione, ironia … Le pagine di poesia dei giornali permettono al lettore di riprendere fiato: “Sono un’oasi nella tormenta”, dice una lettrice.
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