Il 10 maggio al Salone del Libro si commemora Mimmo Candito. Ecco il mio ricordo del grande intellettuale e caro amico sull’Indice dei Libri, di cui fu direttore
Ricordare Mimmo Càndito è facile.
Intanto, nel senso letterale del termine, perché uno così come fai a scordartelo. Poi perché sai che qualunque cosa scrivessi, lui troverebbe modo di ringraziarti. Ecco, credo di non avere conosciuto nessuno che sapesse ringraziare così bene. Può sembrare strana come attitudine: in realtà ringraziare bene è un’attività complessa che implica essere attenti, non essere ipocriti e volere bene al prossimo. Con questa rara miscela Mimmo scovava motivi per ringraziare gente che solo in quel momento scopriva di meritarselo: quale forma migliore di generosità si può immaginare? D’altronde Mimmo si sentiva in debito. Verso la vita che, diceva, gli aveva dato tanto. Quei grazie, oltre al beneficiato del momento, saldavano vecchie pendenze: con la granata che era arrivata appena lunga o con i disperati di lontane terre che avevano offerto a lui una storia, un’informazione, una via segreta, un momento d’intimità. Io che lo conobbi in terre di pace sentivo un’unica miccia esplodere, dalla sua bocca: “Oh, ciao tesoro!” quando, pudico per lo più, abbandonava il pudore, davanti chiunque si trovasse, per salutare al telefono la moglie Marinella. Come faccio a dirle che mi hanno diagnosticato pochi mesi di vita? si domandò dopo la diagnosi, e forse per quello combatté e stravinse a lungo con la malattia. In verità anche per sfida, che a parte grazie fu la parola che usò di più. Grazie però rivolto agli altri e sfida detto a se stesso, in forza di un’etica irresistibile: la duplice necessità di superare i propri limiti e di accettare quelli degli altri.
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