Capitolo venti: Gli assassini
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Musica consigliata per la lettura del ventesimo capitolo: Quinta sinfonia secondo movimento (Mahler)
“No, adesso chiamiamo subito la polizia. La cosa più urgente è portare Lilith in ospedale…”.
“O anche al camposanto” replicò una voce metallica appena dentro l’ingresso della sala, dove erano apparsi due uomini con sulla bocca una maschera antigas e in mano ciascuno una pistola. (altro…)
Capitolo diciannove: Il duello
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Musica consigliata per la lettura del diciannovesimo capitolo: Attack and falls Akhenaten (Philip Glass)
“Memoria! Lo vedi, cominci a parlare esattamente come un umano. Non hai mai pensato che nessuna vita sarà mai estirpata sulla terra finchè esisterà la memoria? Ma sarebbe una discussione troppo sofisticata per te. E però non ti biasimo. Anche io fino a ieri ho vissuto all’ombra del rassicurante concetto che la correttezza di una procedura sia il massimo concetto filosofico ed etico elaborabile. Che fosse l’imitazione, o lo specchio della natura. Ma dietro l’apparente assenza di acredine verso questi esseri di cui ci occupiamo sulla terra nutriamo una profonda invidia, il dubbio che abbiano ragione loro. Che valga la pena di scompaginare le procedure, perchè ciò che vale è un progetto. Inseguirlo, realizzarlo, inciamparci, fallirlo, rinnovarlo, superarlo” (altro…)
Capitolo diciotto: La sfida
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Musica consigliata per la lettura del diciottesimo capitolo: Dead man in my bed (Nick Cave)
Si era fatto l’idea, senza poi nemmeno prove a sostegno, che fosse omosessuale, ma non conosceva il nome di qualche suo fidanzato. Si alzò con uno scatto nervoso, smaltì il capogiro che lo assalì, prese a girare per la camera e il resto della casa. Era più un rituale obbligato che un’indagine fondata sull’attenzione del dettaglio, perchè l’ansia gli imponeva il passo della donna che ha ospiti a cena, non ha ancora deciso cosa mettersi ed è in ritardo nella cottura del rombo in crosta. (altro…)
Capitolo diciassette: Le rivelazioni
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Musica consigliata per la lettura del diciassettesimo capitolo: The here and after (Jun Miyake)
“E’ solo?” chiese l’altro con una certa agitazione, ignorando la domanda di Roberto.
“Io? Sì, ma…”
“Merda, non c’è tempo da perdere” imprecò Florin e gli voltò le spalle correndo verso l’uscita.
“Arriviamo alla clinica, papà. Lì ti spiego tutto. E’ arrivato il momento”.
E a quella frase Roberto si rese conto di essere lo spettatore di una serie televisiva della quale scopriva adesso di essersi perso una cinquantina di puntate
Siamo tutto soli al mondo Rose, diceva, è solo diverso il modo di reagire, io infilo una maschera, cerco di dimenticarmene celebrando piccoli Carnevali quasi ogni giorno, appoggiati, abbandonati, e finalmente trovai la forza per piangere, tutto il pianto che avevo represso in quei dodici anni dalla nascita. (altro…)
Capitolo sedici: I fantasmi
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Musica consigliata per la lettura del sedicesimo capitolo: Villa Lobos Bachianos brasileiros n. 5 (Hector)
“E’ tornata” gridò e si preparò a lanciare un urlo lancinante che Roberto soffocò prontamente con una mano sulla sua bocca.
“Non è tornata, non c’è nessuno oltre noi due” le sussurrò nell’orecchio mentre provava a cingerla con il braccio da dietro la spalla incontrando la sua rigida opposizione. (altro…)
Capitolo quindici: Il ricorso
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Musica consigliata per la lettura del quindicesimo capitolo: Una notte sul Monte Calvo (Modest Mussorgskyi)
Affiorò nell’animo suo quel senso di abbandono al fato che coglie il morente quando la vita ha preso infine a defluire vorticosa e verticale per perdersi e confondersi nel mare della memoria altrui, quello stupore dell’arto inerte dopo l’esplosione della granata al fronte, il nebbioso squagliarsi della coscienza sul capezzale.
Forse la domanda non ha di solito quell’accento tanto perentorio. Stai per morire, ma non si intende in una settimana: per gentilezza l’annunciatore-inquisitore rimane sul vago, potrebbe trattarsi di sei mesi o più probabilmente di trent’anni, di sessanta, di centoventi per alcuni contadini del Caucaso. Sono poi così tanti, tuttavia? Se ci si pensa a mente fredda la frase “Stai per morire” non esprime un’immediatezza insensibile all’aridità del calcolo? A fronte della catena interminabile delle generazioni, del susseguirsi organico e molecolare sulla terra, del crescente chiasso goliardico che ha sommerso il mutismo dell’ecosfera, a fronte di quando Dio non aveva ancora rotto le acque, delle prove di rotazione dei pianeti, ma a fronte anche semplicemente della quantità di occasioni che perderemo, può poi cambiare che si tratti di un secolo o di un secondo? E’ così imminente, sempre, la nostra morte e se non ce ne rendiamo conto è solo perché il sistema postale e quello dei necrologi sono organizzati diversamente dalla velocità della luce, che ci mostra il risplendere di una stella che pure aveva sbaraccato da qualche milione di anni.
Roberto pensa che la vita gli ha offerto mille opportunità e lui le vede adesso, e tante sono ancora a tiro, e lo sono sempre state mentre lui si lasciava condurre dalla corrente. Che è sepolto, già da vivo, in un ossario anonimo, una fossa comune, e che c’è voluta questa condanna perché udisse finalmente il tintinnare della vita, perché spuntassero dal terreno sotto le acacie spoglie i pezzi di quel mosaico che adesso brucia dalla voglia di ricomporre. Sente addosso lo sguardo di Gaston. Ha smesso di trascinarsi, lo fissa. La sua pazienza è scaduta. Questo ricorso, Roberto? E Roberto sa perfettamente perché vuole vivere, e sa anche che è nel giusto.
Gaston prese a intrecciarsi le mani nervosamente e anche lo strascinare della gamba si era fatto più traballante e obliquo, come se stesse intrecciando anche quella.
“Non è possibile, è da non credersi” ripeteva francamente contrariato.
Fu in quell’esatto momento che Roberto sentì una violenta fitta allo sterno. Mosse un passo in avanti e poi crollò al suolo. Il dolore acuto si spostò verso il basso ventre e discese ancora fino alla coscia. Dallo stomaco salì un rigurgito di bile che provò a sputare e che per metà gli restò appiccicata al mento
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Capitolo quattordici: Gli umani
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Musica consigliata per la lettura del quattordicesimo capitolo: Opening from Glassworks (Philip Glass)
“Io ho avuto una figlia, ma non l’ho provata quest’esperienza. Siamo vissuti distanti. Fisicamente, ma forse non soltanto quello. Credo di averla presa in braccio pochissime volte. Magari le questioni sono collegate. Non sei degno di alzarlo, un figlio, se non sai accorgerti di quanto è bello in basso, radente alla terra”
“La vita non è ciò che accade ma la capacità di dargli senso, questa è la convinzione che mi sono fatto, studiandola da fuori. Ne sono ammirato. Non un senso meccanico, come le procedure di cui mi occupo. Non l’incastro dei pezzi ma l’abilità di scomporli, di modificarli”.
“Allora temo che sarei un pessimo insegnante”
“Perché?”
“Perché mi riconosco di più nel senso meccanico. Perché arricchire le cose di un senso personale è una fatica, una scommessa, una sfida. E’ più comodo trovarsele al mattino con attaccato il cartellino che c’hanno messo gli altri. Che qualità ci vuole per dare un senso? L’intelligenza? Il cuore? L’istinto? Forse non sono una cima in niente, ma nemmeno proprio arido. E però ho imparato a campare così, superficialmente. Con il dolore ho optato per un patto di non belligeranza: lui promette di lasciarmi in pace e io di non chiedere tante spiegazioni. Sfuggo, svicolo, dimentico, oppure mi adatto. (altro…)
Capitolo tredici: La scelta
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Musica consigliata per la lettura del tredicesimo capitolo: Belle époque (In the Nursery)
“Perché ti ho trascinata in questa storia? No sono mortificato. Guarda che era l’ultima cosa che volevo”
Amande si staccò guardandolo dritto negli occhi.
“Questa storia in certi momenti mi pare molto eccitante. Forse qualcuno di quei delinquenti ti ha seguito sino a qui e sta per sfondare la porta. E’ terribilmente stupido che io possa morire per une questione con cui non ho niente a che vedere. Eppure lo sai, no? che mi piace sentirmi viva. Protagonista. Scopro d’improvviso che l’animale che fugge dai cacciatori è vivo e protagonista. Te lo ripeto, può essere eccitante. Solo che non stanno cercando me i cacciatori. Stanno cercando altre prede. Io trotterello innocentemente per i sentieri e i cacciatori dicono: boh, esercitiamoci, tiriamo a quella. Questo ti fa sentire già morta, e casualmente capitata sulla scena. Da quanti anni ci vediamo Roberto? Abbiamo stabilito dei paletti. Tutta la nostra ritualità, anche la mia, è un’ostentazione di quei paletti. Non si sa come, dopo tutti questi anni, ancora scopiamo come se con i nostri orgasmi volessimo spaccare il mondo. Poi io mi alzo e ti fumo in faccia. Parliamo di un film, di qualcosa che ci ha colpito. Non c’è un amico che abbiamo in comune, su cui spettegolare, e non parliamo della spesa, perché non esiste una spesa comune che ci riguardi. Non posso avere dimenticato di prendere la birra per noi perché cenare due uova insieme è già fuori dai nostri orizzonti. Sarebbe un progetto troppo compromettente. La tenacia e la regolarità con cui ci vediamo sono inversamente proporzionali alla varietà che abbiamo introdotto nel nostro copione”. (altro…)
Capitolo dodici: Gosselin
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Musica consigliata per la lettura del dodicesimo capitolo: Adagio in sol minore (Tomaso Albinoni)
Didier, da un paio d’anni, viveva in una stamberga nella banlieu, in compagnia di una ragazza che riusciva a racimolare un minimo di denaro per entrambi. Era soprattutto per lasciare qualche soldo a lui che Gosselin aveva accettato di farsi introdurre le sonde della app, e Roberto si era sentito di compiere una buona azione proponendoglielo. Laurent aveva chiesto uno smartphone a Roberto per seguire anche lui i messaggi che il corpo in decomposizione trasmetteva sullo schermo. Il primo giorno disse a Roberto, per telefono, che da tempo non aveva provato nulla di tanto eccitante. Che delle cellule necrotiche potessero animare un baraccone fieristico scomponendosi in suoni, luci e colori gli sembrava un prodigio della natura della portata di un arcobaleno, e che fossero sue, poi, era meraviglioso. Quando Roberto entrò, e non ci fu bisogno di bussare perché Laurent aveva preso l’abitudine di tenere accostata la porta sul cortile, Laurent sedeva curvo sull’unica poltrona di casa, una consunta pelle marrone le cui molle sembravano pur’esse annegate nel lago delle metastasi. Restituiva, nella penombra, l’impressione di un asparago immerso nell’acqua bollente. Sollevò appena il capo verso Roberto e poi si chinò sul display del telefonino che gli tremava tra le mani e rifletteva le proiezioni digitali della sua malattia sopra le vene del collo. (altro…)
Capitolo undici: I malati
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Musica consigliata per la lettura del undicesimo capitolo: Soweto sorrow (Romano, Sclavis & Texier)
“Lilith, non posso rientrare a casa ed è necessario che te ne tenga lontano anche tu”
“Cosa succede?” ribattè dall’altro lato del filo una voce chiaramente turbata.
“E’ un po’ complicato da spiegare adesso. Non è niente che non si possa risolvere ma ho bisogno di un giorno di tempo. Ti fidi di me?”
“No, naturalmente”
“Non ha importanza, fa come ti ho detto. Raccogli le cose che ti servono per passare fuori la notte, e anche la giornata di domani, ed esci appena puoi”
“E dove vado?”
“Non so, potresti chiedere il favore a…” la frase rimase tronca. E’ chiaro che, chiunque avessero coinvolto, si sarebbe allargato il giro delle persone cui dare spiegazioni.
“Ma poi vieni anche tu?” disse Lilith riempiendo la pausa.
“Dove?”
Quell’immersione nella consapevolezza di sé, di fronte alla figlia inconsapevole, lo rendeva nudo, umiliato, fragile. Avrebbe voluto, in una rigenerante inversione di ruoli, cercare conforto e riparo nel suo grembo, nel suo sterno di volatile, sotto le sue ali d’aquilotto, sotto la tenda canadese della sua gonna dalla vita stretta, e lì, bambino, implorare il perdono della sua bambina che così malamente aveva allevato. Chiederle quale balordo, quale mezzo tossico, quale spiantato, quale puttanella, quale randagio, quale scorpione a dorso di rana, quale latte scremato, quale tronco abbattuto, quale lendine morta, quale crosta ammuffita era il suo confessore, la sua boa, la sua cassetta di sicurezza, e chiederle il permesso, lui, quel falso d’autore di padre, quell’ascensore bloccato tra i piani, quell’orma sulla sabbia che il ghibli stava cancellando, di interpellare il suo confidente, di inginocchiarsi al confessionale, di attaccarsi alla boa, di scendere nel caveau della banca, e domandare infine, tu che certo vali più di me, sapresti indicarmi come potrei giustificare che voglio continuare a vivere? (altro…)
Capitolo dieci: I killer
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Musica consigliata per la lettura del decimo capitolo: Mater tenebrarum (Keith Emerson)
“Sì, è meglio che vada di fuori per un po’. Sono di cuore tenero, certe scene mi fanno orrore. Trattamento speciale per le ragazze, Ramon. Ricordi quelle due ad Acapulco?”.
Il viso di Ramon si distese in un sorriso come gli fosse stata rammentata la vittoria in una gara di tuffi dallo strapiombo della Quebrada: “Cristo santo. Avevi detto che è l’unica volta che avevi provato disgusto per te stesso nella tua vita!”. (altro…)
Capitolo nove: Briggs
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Musica consigliata per la lettura del nono capitolo: Mouth breather (The Jesus Lizard)
Rose non replicava. Roberto sollevò la testa, che quasi con amorevolezza materna l’indio gli custodiva sulla sue mani dopo avere mollato la presa sulle spalle, e intravide il volto cupo e determinato della figlia. Briggs accese una sigaretta.
“Dì, la storia di Juan che ha tradito te la sei inventata, vero?”. Espirò un interminabile sbuffo di nicotina e non attese neppure la risposta: “Ero amico di Juan, Ma in quel momento proprio non si riusciva a far ragionare Quintana. Ci è voluto un po’ perché ti mettesse a fuoco”. Rose ne incrociò per un secondo l’occhio e poi abbassò i suoi. Sembrava aver perso la baldanza di poco prima e pareva stanca, piuttosto, come una che non vede l’ora di andare a riposare in hotel dopo un lungo viaggio.
“Vedrai come ti metto a fuoco io appena arriviamo a destinazione” concluse Briggs.
“Lascia andare mio padre” il filo di voce di Rose era molto meno vigoroso delle nuvole di tabacco bruciato di Briggs, simili a lampi di cherosene nella notte. “Non sa nulla”.
“Non sa nulla? E chi sa se lui non sa? Perché ti saresti affrettata a correre qui? Se ci dai tu le informazioni in effetti non abbiamo più cosa farcene del tuo paparino. Altrimenti lo teniamo, all’inizio solo come spettatore, dei tuoi prossimi impegni e vediamo come reagisce. Dai, semplifica le cose e lo faccio scendere dalla macchina”. (altro…)
Capitolo otto: Rose
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Musica consigliata per la lettura del ottavo capitolo: I run (Årabrot)
Roberto si ricordò di colpo che doveva verificare l’andamento dei dati su Death Line e mandare un sms a Machaut. L’esordio di Rose, “Chi comincia?” andò a vuoto. “Mi puoi scusare ancora un secondo?” le rispose Roberto compulsando il display “Due minuti per una questione di lavoro”.
“Ti porti il lavoro al parco?”
“E’ una situazione eccezionale. Stiamo sperimentando una app che dovrebbe partire a brevissimo”.
“Vuoi dirmi di che si tratta?”
“Ma no…cioè sì…vedi queste linee, si ricollegano alla salute di certe persone malate…non è facile da spiegare”.
“Non ha importanza. Te lo proponevo se ti faceva piacere. Hai detto tante volte che non ti chiedo mai nulla approfonditamente di te e non ti dico di me. Era un tentativo di introdurre una giornata diversa”. (altro…)
Capitolo sette: Lorette
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Musica consigliata per la lettura del settimo capitolo: Studio per pianoforte n. 8 op. 12 (Scriabin; Horowitz)
Accadeva pure che durante il rapporto la sua eccitazione franasse quando indugiava nello stringerle le braccia o la schiena e perveniva troppo celermente al contatto con le ossa spigolose o quando lei, per chiudere un’imposta da cui cominciava a filtrare troppa luce, si alzava del letto e si allontanava di qualche passo con la sua figurina che a Roberto pareva d’improvviso quella di una Barbie cui fosse stata caricata una molla. Il loro legame, ciononostante, durava e cresceva in tenerezza. Questo non impediva a Roberto di dubitare della profondità dei propri sentimenti e di accrescere l’insoddisfazione per certe giornate passate insieme nelle quali gli sembrava che avessero poco da condividere. Non fece a tempo ad affinare le sue consapevolezze prima che Lorette rimanesse incinta. (altro…)
Capitolo sei: Giselle
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Musica consigliata per la lettura del sesto capitolo: En Deutsche Requiem (Brahms) diretta da Gardiner
“No, io…io faccio parte di un’associazione di volontariato. Veniamo…veniamo negli ospedali ad assistere chi non ha nessuno vicino e a dire una preghiera per lui”.
Il labbro della donna si gonfiò ancora e la bocca prese un tratto espressivo che oscillava tra il benevolo e il sardonico.
“Ho sentito che gli parlava. E’ bello questo, anche se non può sentirla. Anzi, è bello proprio perché non può più sentirla”.
Roberto esitò prima di replicare: “In che senso?”
“Nel senso che lo trovo un bell’omaggio. Tra persone coscienti la metà del tempo la passiamo parlando a persone che non ci ascoltano, e la consolazione è che faremo altrettanto quando sarà il loro turno. Ma qui è differente. Lui è già lontano da qui. Però il suo corpo ancora si aggrappa a quello che trova. E noi gli infiliamo tra le dita l’ultimo biglietto di saluto. Guarda che anche se non ci sei più io ti parlerò egualmente. Con mio marito lo faccio da tre mesi ormai”. (altro…)
Capitolo cinque: Gaston
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Musica consigliata per la lettura del quinto capitolo: Sour Times (Portishead)
“Salutato? Sì, somiglia a un saluto. E’ il gesto d’intesa finale. Significa che mi ha visto, che sa tutto, che è tutto a posto, che è pronta. Che non c’è violenza, che è solo il destino che segue il suo corso, che la pratica dell’ufficio si può archiviare, che spera di non aver dato disturbo. Che domani mattina non vedrà il sole. Che non serba rancore a nessuno”.
Come aveva potuto rimuoverlo così a lungo? Aveva quindici anni, erano sul campo di terra rossa insieme. La madre era morta in ospedale pochi mesi prima e Roberto non aveva potuto fare a meno di pensare che quel padre così assente ne avesse la colpa. (altro…)
Capitolo quattro: Amande
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Musica consigliata per la lettura del quarto capitolo: Waltz for Debby (Bill Evans)
“Questa è finalmente l’occasione di farti cogliere la qualità del lavoro che faccio” riprese Amande.
“In che senso, scusa?”
“Ma l’hai capito che cosa fa il coach? Ti aiuta a risolvere dei problemi, a prenderli dal verso giusto”
“Non mi sento nello spirito di scherzare Amande”
“E chi sta scherzando? Il coach è un allenatore per migliorare la propria vita. Allenare qualcuno per salvarla è appena un passo più in là. E’ lo stesso spirito”
“Non mi piace quando esageri nel porti al centro di tutto. Io ti sto parlando della mia vita in pericolo e tu la prendi come un’occasione professionale. E anche quest’eccesso di autocontrollo di fronte a un’enormità del genere…evidentemente non mi credi” (altro…)
Capitolo tre: Machaut
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Musica consigliata per la lettura del terzo capitolo: Concerto n. 20 per pianoforte e orchestra, primo movimento ( Mozart)
Stordito, Roberto digitò sulla schermata precedente. Il messaggio era di sua figlia.
Cosa voleva dire Rose? Era informata di cosa gli stava accadendo? Per questo si stava precipitando lì dall’altro continente?
Gilbert Machaut, a una prima impressione, poteva risultare una persona antipatica e sgradevole. Si trattava di conoscerlo meglio. A quel punto, senza incolpare la superficialità dell’impressione, si poteva serenamente concludere che era effettivamente antipatico e sgradevole. (altro…)
Capitolo due: Lilith
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Musica consigliata per la lettura del secondo capitolo: Gold Prisms Incorporated (The Bad Plus)