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Dieci personaggi della letteratura che se la cavano bene a letto

Di |2022-08-31T15:49:37+01:0025 Luglio 2019|Sulla scrittura|

In ordine ascendente di classifica

  1. Rubens (L’immortalità, Milan Kundera). Appena prima delle sue nozze viene colto dalla nostalgia struggente della sua amante, che supplica vanamente di tornare con lui. Torna sconfitto il mattino del (altro…)

Psicologia della punteggiatura/2. La virgola

Di |2020-09-11T15:14:37+01:0021 Settembre 2018|Sulla scrittura|

Qualcuno sostiene che si tratti di un segno femminile: una governante della casa grammaticale, che si occupa del ménage e si sobbarca pure il disbrigo dell’emergenza, sempre con discrezione e senza fanfaronate. (altro…)

Psicologia della punteggiatura/1. Il punto

Di |2020-09-11T15:16:25+01:0020 Luglio 2018|Sulla scrittura|

Il punto sta andando incontro, nell’uso della lingua scritta, a un duplice e contraddittorio destino. Nello scritto comune, sempre più mediato dallo smartphone, scompare (ricordo altresì che il testo digitato non è uno scritto ma uno scriparlato: l’ho spiegato qui). (altro…)

Ve li do io i nobel

Di |2020-09-11T15:16:16+01:0011 Maggio 2018|Sulla scrittura|

Poco prima che emigrassi dalla Romania. un poliziotto del  villaggio venne di mattino presto a prendere mia madre. Mia madre era già alla porta quando le venne in mente HAI UN FAZZOLETTO. Non l’aveva. Nonostante l’impazienza del poliziotto, tornò in casa e prese un fazzoletto. Alla stazione, il poliziotto era fuori di sé. Il rumeno di mia madre non le bastò a capire cosa gridasse. Poi il poliziotto lasciò l’ufficio e chiuse la porta dall’esterno. Mia madre rimase tutto il giorno rinchiusa lì dentro. Per le prime ore rimase seduta al tavolo e pianse. Poi camminò su e giù e cominciò, col fazzoletto bagnato di lacrime, a spolverare i mobili. Poi prese un secchio pieno d’acqua da un angolo e l’asciugamano dal chiodo nel muro e pulì il pavimento. Ero inorridita quando mi raccontò tutto questo. Come puoi avergli pulito l’ufficio? chiedevo. Mi disse, senza imbarazzo: Mi sono cercata un lavoro per far passare il tempo. E l’ufficio era così sporco. Per fortuna mi ero portata uno dei fazzoletti grandi da uomo.

Solo ora comprendo: con un’umiliazione aggiuntiva ma volontaria, si era procurata una dignità in quell’arresto.

Herta Müller

Ogni parola conosce il circolo vizioso

Discorso per il conferimento del Nobel, 2009 (Germania e Romania)

Traduzione di Sara Boldrin

 

 

Il paradosso della rivoluzione, come l’epica cavalcata dal cavaliere dalla triste figura, vive nella coscienza dello scrittore. Se c’è una virtù indispensabile alla sua penna, è quella di non dover mai servire alla lode dei potenti, sia pure col più leggero solletico. Ma anche nella pratica di questa virtù, l’artista non deve sentirsi libero da ogni sospetto. La sua rivolta, il suo rifiuto, le sue imprecazioni restano da una certa parte dello steccato: dalla parte della lingua dei potenti. Qualche parola, qualche frase possono scappare. Ma il resto? Un lungo palinsesto, un indugio elegante e distante. L’umorismo, a volte, che non è la gentilezza della disperazione ma l’assenza di speranza degli imperfetti, la spiaggia dove le correnti tumultuose dell’ingiustizia li abbandonano.

Jean-Marie Gustave Le Clezio

Nella foresta dei paradossi

Discorso per il conferimento del Nobel, 2008 (Francia e Mauritius)

Traduzione di Cristina Sarteschi

 

 

Quando guardiamo in uno specchio, pensiamo che 1’immagine di fronte a noi sia fedele al vero. Però basta spostarsi di un millimetro e l’immagine cambia. Quel che vediamo è una serie interminabile di riflessi. Ma a volte uno scrittore deve infrangere lo specchio, perché è dall’altra parte dello specchio che la realtà ci guarda.

Credo che, nonostante le enormi differenze esistenti, una risoluta, incrollabile, appassionata determinazione intellettuale a definire, come cittadini, la reale verità delle nostre vite e delle società in cui viviamo sia un dovere cruciale che spetta a noi tinti. È una necessità inderogabile.

Se tale determinazione non diverrà parte integrante della nostra visione politica, non avremo alcuna speranza di recuperare ciò che è così vicino a essere totalmente perso per noi: la dignità umana.

Harold Pinter

Arte, verità e politica

Discorso per il conferimento del Nobel, 2005 (Regno Unito)

Traduzione di Alessandra Padoan

 

 

 

Che lo scrittore si confronti o meno con la verità non è una mera questione di metodo creativo, ma è strettamente connesso alla sua attitudine verso la scrittura. Essere sinceri quando si prende in mano la penna significa essere sinceri anche quando la si posa. La verità non è solo un parametro di valutazione della letteratura, ma ha una connotazione etica. Predicare la moralità non è un dovere dello scrittore nel momento in cui si sforza di ritrarre le persone più diverse al mondo, espone senza scrupoli anche se stesso e i segreti più riposti della sua mente. Per lo scrittore, la verità nella letteratura si avvicina all’etica; è l’etica ultima della letteratura.

Gao Xingjian

La condizione della letteratura

Discorso per il conferimento del Nobel, 2000 (Cina e Francia)

Traduzione di Emanuela Cassol

 

 

In tali circostanze, la traente desidera ancora abbandonarsi a ciò che Sarnuel Johnson una volta definì con suprema fiducia, la “stabilità della verità”, persino nel prendere coscienza della natura destabilizzante delle proprie operazioni e indagini. Senza bisogno di essere teoricamente educata, la coscienza si rende subito conto di essere luogo deputato ai discorsi variamente contenziosi. Il bambino che, in carnera da letto, ascoltava simultaneamente la parlata domestica della sua casa irlandese e quella ufficiale del cronista britannico e intanto raccoglieva, dall’interno delle due, i segnali (li una qualche altra angoscia, quel bambino veniva già educato alle complessità dei suoi disagi di adulto: un futuro in cui avrebbe dovuto orientarsi tra sollecitazioni variamente etiche, estetiche, morali, politiche, metriche, scettiche, culturali, topiche, tipiche, post-coloniali; in una parola, impossibili.

Seamus Heaney

Sia dato credito alla poesia

Discorso per il conferimento del Nobel, 1995 (Irlanda)

Traduzione di Marco Sonzogni

 

 

 

Il saccheggio sistematico del linguaggio può essere riconosciuto dalla tendenza di coloro che lo utilizzano a rinunciare, per intimidazione e soggiogamento, alle sue molteplici sfumature, alle sue complessità, alle sue proprietà ostetriche. Il linguaggio oppressivo fa più che rappresentare la violenza: è violenza, fa più che rappresentare i limiti della conoscenza: limita la conoscenza. Che sia l’oscurante linguaggio di stato o il linguaggio fantoccio di media dementi; che sia l’orgoglioso ma calcificato linguaggio dell’accademia o il linguaggio della scienza guidato dal mercato; che sia il linguaggio maligno della legge senza etica o quello designato all’emarginazione delle minoranze, che nasconde il saccheggio razzista nella sua sfrontatezza letteraria: in ogni caso, deve essere respinto, castrato e smascherato.

Toni Morrison

Discorso per il conferimento del Nobel, 1993 (Stati Uniti)

Traduzione di Alessandra Padoan

 

 

Il pessimismo della persona creativa non è decadenza,  ma una potente passione per la redenzione dell’uomo. Mentre intrattiene, il poeta continua a cercare verità eterne, l’essenza dell’essere. A suo modo, cerca di risolvere l’enigma del tempo e del mutamento, di trovare una risposta alla sofferenza, di rivelare l’amore nell’abisso stesso della crudeltà e dell’ingiustizia. Per quanto bizzarre possano suonare queste parole, mi balocco spesso con l’idea che, quando tutte le teorie sociali saranno crollate, quando guerre e rivoluzioni avranno gettato l’umanità nel buio più cupo, il poeta – colui che Platone bandì dalla sua Repubblica – potrà sollevarsi e salvare noi tutti.

Isaac Bashevis Singer

Discorso per il conferimento del Nobel, 1978 (Stati Uniti)

Traduzione di Alessandra Padoan

 

 

Chi coordinerà queste scale di valori, e come? Chi creerà per l’umanità un unico sistema di interpretazione valido per il bene e per il male, per l’insopportabile e per l’ammissibile, che oggi sono valutati in modo così differente? Chi spiegherà al genere umano quel che davvero è pesante e intollerabile e quel che è soltanto una scalfittura superficiale? Chi indirizzerà la collera verso quel che è davvero terribile anziché verso quel che è più vicino? Chi può riuscire a elevare questa capacità di conoscenza al di là dei limiti della rispettiva esperienza umana? Chi può far penetrare nella mente di una creatura bigotta e fanatica le gioie e le sofferenze di un altro che le è distante; farle comprendere dimensioni e inganni che non ha mai sperimentato di persona? Propaganda, coercizione, prove scientifiche – è tutto inutile. Ma fortunatamente nel nostro mondo esiste un mezzo! Quel mezzo è l’arte. Quel mezzo è la letteratura.

Aleksandr Solzenicyn

Il grido

Discorso per il conferimento del Nobel, 1970 (Unione Sovietica)

Traduzione di Paolo Alessandro Mattiello

 

 

Qual è dunque la vocazione e quali sono i compiti di un artista che veda se stesso non come l’immagine di un dio indifferente alle sofferenze degli uomini, remoto sul suo trono al di sopra del clangore della battaglia, ma come un figlio della sua gente, una minuscola particella di umanità?

 

Essere onesto con il lettore, dire la verità alla gente, senza paura, anche quando questo possa risultare spiacevole. Rafforzare la fede degli uomini nel futuro e nella propria capacità di costruirlo. Essere un paladino della pace nel mondo e – con le proprie parole, ovunque esse possano penetrare – generarne degli altri. Unire le persone nel loro naturale, nobile sforzo verso il progresso.

Mihail Sholokhov

Discorso del banchetto, 1965

Traduzione di Alessandra Padoan

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