Nel 1994 si perpetrò la più flagrante violazione del precetto decoubertiniano, l’importante è partecipare, capovolto in un pragmatico l’importante è non far partecipare l’avversaria: la pattinatrice Kenny Corrigan, favorita per i campionati statunitensi di pattinaggio sul ghiaccio, venne azzoppata da una sprangata sulle ginocchia. La responsabilità fu fatta risalire alla rivale Tonya Harding: più precisamente venne acclarato che il mandante indiretto fosse il suo ex marito, Jeff Gillooly, con il quale lei intratteneva un patologico rapporto di prendi e molla, e il mandante diretto un obeso psicopatico mitomane, amico del marito (della serie: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei). (altro…)
Il mondo culturale è sempre più attratto da un’America lontana da quella delle metropoli, e all’interesse sociologico verso la provincia del sud – quella che noi ignoriamo e che ha determinato la vittoria di Trump – si affianca l’esplorazione narrativa della frontiera – quella che ignorano gli stessi americani. (altro…)
La vita interiormente lacerante e concretamente problematica della comunità turca in Germania è da sempre al centro del cinema di Fatih Akin, e lo sviluppo di questo tema generò due capolavori assoluti, La sposa turca e Ai confini del paradiso, (altro…)
Mi piace pensare che la ragione per la quale non è stato assegnato l’Oscar per il miglior documentario a Visages Villages sia che i giudici abbiano considerato riduttivo qualificarlo come documentario. Questo piccolo miracolo cinematografico, pur nella sua sciolta immediatezza, ha una complessità ideologica che lo colloca a metà tra un’inedita forma di road movie e uno stretto punto di contatto tra l’arte contemporanea e il cinema. (altro…)
T.V.B. sarebbe stato un buon nome per questo film. L’acronimo, proprio. Quello che tante pennarelli indelebili hanno impresso sui muri, sui sedili degli autobus o sui banchi di scuola, di solito incastonato in qualche frase assurda. T.V.B. è l’acronimo più insulso mai prodotto dalla mente umana perché ti voglio bene va fatto addentare con tutta la polpa alla persona cui lo si dice oppure va serbato nel brivido che ci percorre mentre lo pensiamo per donarlo nel momento che impacchetta il dono di dirlo (dono per chi lo dice e chi lo riceve), e quindi mai dovrebbe essere abbreviato, nemmeno per gioco. T.V.B. manca di pathos: è inflazionante, sbrigativo, sommario. (altro…)
E’ un specie di matrioska del perfezionismo maniacale quella in cui P.T. Anderson, acclamato oggi con Malick quale regista di maggior rigore formale, (altro…)
Poche settimane fa è mancato, a 97 anni, Giuseppe Sgarbi, un insolito rovesciamento della figura del “figlio d’arte”, che potremmo perciò definire un “padre d’arte”. (altro…)
Detto senza mezzi termini, se non riuscite a tornare bambini di fronte a questa meravigliosa fiaba (per adulti, sì, ma appunto di quelli disponibili a dismettere la propria adultità) siete perduti per sempre. La storia non è complicata, e raccontata nella sua nudità rischia di apparire un episodio di Topolino: (altro…)
Questo film, che teoricamente dovremmo rubricare nella categoria della storia, tra solo vent’anni potrebbe essere percepito come uno scavo archeologico, tanti sono i materiali e le ritualità rappresentati di cui i giovani a venire perderanno ogni cognizione. (altro…)
“Wish you were here!”. Tanti amanti di Syd Barrett e del suo mito lo staranno pensando visitando la mostra romana dedicata alla grande band. Un modo per indennizzarne la memoria, e un’occasione ghiotta per chi non lo conosce, potrebbe essere l’ascolto di quei gioiellini che furono i suoi album da solista, incisi faticosamente nel 1970. (altro…)
Sono tornati in due. Uno è il film tedesco “Lui è tornato” del quale questo italiano costituisce un remake. L’altro è Mussolini. Perché se in “Lui è tornato” si narrava della ricomparsa di Hitler ai giorni nostri e del suo tentativo di riconquistare il consenso e il potere, la variante in “Sono tornato” è che la rentrée riguarda il duce. (altro…)
“Ma questo potevo farlo anch’io” è la frase paradigmatica con cui alcuni sbottano davanti a certe opere di arte contemporanea. Chissà perché a nessuno viene mai in mente per il cinema. Se proprio si deve cominciare, un buon test potrebbe essere “Ella & John” di Paolo Virzì, il suo primo film americano: che ha segnato (si spera temporaneamente) il passaggio della fresca spontaneità e dell’avvolgente capacità affabulatoria del regista italiano a una narrazione rigida, (altro…)
Accade ancora che si possa definire un film nel modo più semplice: una bella storia, aiutata dalle immagini, diversa da tutte le altre storie che abbiamo sentito. Sappiamo che Hitchcok valutava la qualità narrativa di una trama dalla sua attitudine a essere riassunta per iscritto su una scatola di fiammiferi. (altro…)
Per i cultori di Woody Allen ogni suo film genera da tempo una sorta di nevrosi sentimentale. Se il grande regista fa cilecca cerchiamo nell’immancabile lampo di qualche trovata la mitigazione della condanna: “Sì, ma è sempre Woody Allen!”. Se riemerge il Woody Allen dei giorni buoni si rimane con quel filo amarostico di parziale insoddisfazione: “Si, beh, certo, ma da Woody Allen…”. La ruota delle meraviglie rientra nella seconda categoria, e tanto vale sfogare da subito la quota di frustrazione. Così, se da una parte si può inneggiare alla magica fluidità narrativa di un autore ottantaduenne, (altro…)
Mettiamo che un regista in cerca di un soggetto letterario per il suo prossimo film si aggiri nella sua biblioteca per individuare il testo adatto e a un certo punto tiri giù lo storico giallo di Agata Christie, Assassinio sull’Orient Express. Mentre se lo rigira tra le mani gli frullano per il capo tre problemi non da poco: la soluzione del giallo è talmente fantasiosa da essere rimasta in mente a chiunque lo abbia letto o sentito parlare e dunque parecchi ne conoscono il finale, esiste una precedente e riuscitissima trasposizione cinematografica di Sidney Lumet(altro…)
Chi non ricorda “Kramer contro Kramer?”. Ecco. Questo film è il suo opposto. Se Dustin Hoffman e Meryl Streep si contendevano, non sempre con maturità genitoriale magari, l’affido del loro bambino dopo la separazione,“Loveless” narra di un’altra coppia ai titoli di coda in cui, però, del figlio dodicenne nessuno sa che farsene. (altro…)