Tania Bruguera è un’artista concettuale nel senso più rigoroso del termine, e in diversi frangenti della sua opera il mezzo estetico non è solo al servizio dell’idea, ma scompare quale mezzo estetico: o quando sopravvive, necessita per essere interamente apprezzato di un manuale d’istruzioni, come è il caso di una bandiera cubana simile a uno stendardo funebre il cui principale materiale sono i capelli donati dal popolo cubano, in un gesto politico, collettivo e anti-istituzionale. Rispetto a molta arte concettuale, tuttavia, quella di Bruguera non richiede tanti passaggi interpretativi: ogni volta c’è una metafora disseccata o una rappresentazione stilizzata che esige solo attenzione percettiva, e ama ricorrere alla performance o a un’interazione con lo spettatore. Molto coinvolgente e immediata quindi, e proiettata soprattutto sulla dimensione schiacciante dell’autorità e la memoria degli oppressi, quest’ultima rarefatta in un timbro che riporta il numero delle vittime durante migrazioni nel Mediterraneo o in uno spazio bianco e nudo che affida il messaggio della sofferenza palestinese solo a una scritta verniciata sul muro e due tombali rettangoli di marmo scuro. Il Pac di Milano ospita la prima retrospettiva dedicata dall’Italia a un’artista che ha trascorso a Cuba vent’anni di esclusione dalla sfera pubblica del paese salvo quella che si è conquistata con la forza, con qualche intervallo di arresti domiciliari. Ora insegna a Boston e ha accettato l’esilio a condizione che venissero liberati 26 giovani detenuti politici. Sono in mostra opere di vent’anni fa, oppure una loro rielaborazione. Il titolo della mostra “La verità anche a scapito del mondo” è una citazione di Hanna Arendt, e l’opera all’ingresso stessa è un’intera citazione della filosofa: sulla parete una bandiera europea che contiene filo spinato cucito da figli dei sopravvissuti ai lager e una sedia a dondolo, ai cui piedi ci sono il testo di “Le origini del totalitarismo” e un microfono a disposizione dello spettatore che voglia leggerne e lasciarne registrati dei passi. Il felice abbinamento tra minimalismo e intensità Bruguera lo raggiunge nella performance che si svolge con lo spettatore che cammina al buio sopra un pavimento di canna da zucchero in fermentazione mentre tre cubani- fermi, nudi, a esatta distanza l’una dall’altro- declamano i nomi di cinquecento detenuti nelle carceri. Può sembrare strano, dato che si tratta di un’arte anti-esteticamente molto radicale, ma la troverei un’ottima occasione per iniziare qualcuno alla capacità di impatto emotivo che è in grado di assumere l’arte contemporanea. E, ultimo dettaglio: in nessuna mostra avevo ancora visto il percorso biografico dell’artista trattato a sua volta come opera d’arte. Un’altra piccola perla.
Tania Bruguera
La verità anche a scapito del mondo
PAC Padiglione d’Arte Contemporanea Milano
Fino al 13 febbraio 2022
Corrado Augias, Il Venerdì
Francesca Rigotti, Il Sole 24 ore
La conclusione del conduttore di Fahrenheit – Tommaso Giartosio
Queste sono le tre ragioni per cui ci si offende:
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Hai detto male di me
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Hai violato un confine
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Non ti sei accorto di me come, e quanto, avresti dovuto
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