Ufficio visti
Amava Masaccio e Caravaggio. “Mi danno idea di cosa sia il peso dell’arte. Il peso, sì. Il contrario del virtuale. Il virtuale è la novità che non porta a nessuna novità. Il peso polarizza lo spazio. E’ una qualità. Un’indicazione per voler riscoprire qualcosa di concreto”. Così rispondeva pochi mesi fa Janis Kounellis (scomparso il 16 febbraio) a un’intervista di Antonio Gnoli. L’artista, scomparso il 16 febbraio, ha offerto mille diverse fantasie materiche, pur secondo una certa linea di continuità. Se dovessi però ricordarlo in un etichetta proprio al peso penserei. A quegli accatastamenti di carbone, quelle distese di massi, ai sacchi di juta colmi e pendenti dal soffitto, alle lastre di ferro, alle travi di legno.Cercava di colmare vuoti nello stesso momento in cui allargava spazi, creando nuovi vuoti. Ma la sua nemica fu semmai la leggerezza, la volatilità. Il senso della storia e quello stesso dell’uomo è porre nuovi ingombri, e da lì ripartire.
Jannis Kounellis
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